Troppi viaggi poco turismo

Sono istintivamente e sinceramente solidale con la moltitudine di autorità pubbliche che si affannano, viaggiando a spese dei contribuenti, a promuovere Napoli e la Campania nel mondo. Se potessi indulgere in qualche considerazione di bassa cucina psicologica aggiungerei che è lungi da esse, le autorità intendo, la volontà di compiere, a sbafo, un viaggio di piacere in un altro paese. Credo che la volontà soggettiva di “promozione” venga anzitutto: la sfilata di consiglieri, di presidentesse e di ballerini sulla V Strada di Manhattan. la presenza ad una fiera internazionale del turismo con il pannello del Vesuvio e dei Faraglioni come sfondo, la missione commerciale con un plenipotenziario orientale piccolo e spaesato. Tutto ciò serve l’intento soggettivo di promuovere la propria terra. Promuovere, appunto, in una dei significati comuni che il nostro vocabolario, ad esempio il Devoto-Oli, annette a tale verbo, ovvero “avviare, iniziare, proporre”. Con simili accezioni la coscienza, e la fedina penale, sono pulite: chiunque dei nostri amministratori si reca in missione nel mondo avvia e propone la nostra immagine in altre culture. Che ciò avvenga con sfilate, con carri allegorici e con politici pochi inclini all’uso di lingue diverse dal nostro vernacolo poco importa: sempre di proposizione della regione si tratta. Più complesso diviene il discorso se al nostro verbo, promuovere, annettiamo un altro dei significati rinvenibile nel Devoto-Oli, ovvero “dare inizio a qualcosa e seguirla assiduamente perché vada a compimento”. In questo caso, ma forse l’elettore non sarebbe del tutto d’accordo, bisognerebbe inviare ballerini e presidenti regionali, a scadenza fissa per le strade di New York, o, quantomeno, a verificare che la promozione iniziale stia dando buoni frutti. Il dramma è che, oggi, la promozione di una regione o di una parte di essa è divenuto un problema terribilmente serio e pensare di affrontarlo con strumenti vetusti, improvvisati ed artigianali tranquillizza solo il dilettantismo di chi lo opera; non certo il fine al quale la promozione dovrebbe essere indirizzata. In linea di principio, infatti, una missione dovrebbe tentare, almeno, di raggiungere uno di questi tre fini: intensificazione dell’interscambio commerciale, meglio se corroborato da un incremento delle esportazioni di merci; incentivazione dei flussi turistici in entrata; attrazione di capitali finanziari per affiancare imprenditori locali o, meglio, per la costituzione di nuove attività produttive. Se la distinzione è fondata, si capirà quanto poco efficaci, per una sola delle finalità testè ricordate, siano i balli tradizionali, le parate, le strette di mano con il sindaco della Grande Mela, la distribuzione a Francoforte di depliants di Ercolano o del dimenticato Anfiteatro Flavio. Tralasciamo, per carità di patria, le determinanti del turismo e dell’accoglienza, di cui la fallimentare politica provinciale e regionale ci ricorda quotidianamente ciò che non andrebbe fatto e concentriamoci sulle modalità di incentivazione dei flussi di capitale straniero. Nella situazione attuale di grossa concorrenza dei paesi europei, per attirare capitale di ventura estero, tre paiono le condizioni. È determinante strutturare un quadro di certezze e di convenienze agevolative per il potenziale operatore estero interessato ad investire nella nostra regione; si può non essere del tutto competitivi con altre regioni europei, ma è necessaria un’informazione chiara dei benefici disponibili. Irlanda, Scozia, Cornovaglia e città non certo povere come Berlino, Rotterdam e Malmoe curano con maniacale precisione i propri siti su internet, mandando in giro pochi presidenti e presidentesse e nessun ballerino o suonatore. La seconda condizione è costituita dall’esistenza di un unico interlocutore istituzionale, in genere un’agenzia regionale, capace di offrire un pacchetto chiuso di agevolazioni, a nome e per conto di tutte le istituzioni locali. L’ultimo requisito, di carattere non strettamente economico, è dato dalle relazioni diplomatiche, al massimo livello, dai responsabili degli esecutivi locali. Ovvero: nessuna grossa decisione di insediamento produttivo, manifatturiero, bancario o turistico, in Europa avviene senza una qualche consultazione preventiva o conclusiva di carattere politico. Ballare, sfilare o stringere mani è solo una modalità amatoriale di promozione che rimuove tutto il difficile lavoro preparatorio che dovrebbe precederli.

Repubblica NAPOLI, 22 ottobre 2006

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