Il deficit sanità che ingessa la Campania

La Regione sta facendo circolare, da un po’di giorni a questa parte, un documento contenente le linee con cui essa intende muoversi nella redazione del bilancio per l’esercizio finanziario del 2007. Il testo è, in tutta franchezza, molto deludente e riprende, amplificandole, tutte le principali carenze che hanno caratterizzato le finanziarie regionali degli ultimi anni. Un bilancio preventivo che si rispetti dovrebbe muovere da, almeno, due punti di riferimento: il primo riguarda la pubblicizzazione dei risultati consuntivi per l’esercizio finanziario in scadenza; il secondo l’inserimento, accanto ai dati per l’anno in corso, dei medesimi valori per gli anni precedenti. Così facendo, si potrebbe giudicare se quanto era stato previsto in passato si stia effettivamente manifestando e se eventuali promesse contratte con i cittadini siano state onorate o no. Per la Regione tutto ciò è assente; anzi: la sensazione È che quanto più la situazione finanziaria si fa pesante, tanto più i documenti di accompagnamento, preventivi o consuntivi che siano, divengono sintetici, anodini e privi di contenuti di policy. C’è da sbarcare, si direbbe, il lunario delle temperie con le parti sociali e poi il “conducente” riprende la sua strada. Il crocevia di questa crisi, oramai strutturale, è il settore sanitario e le politiche portate avanti dall’assessorato regionale competente: l’assoluta incapacità di contenimento del debito nel 2006 e oltre 7 miliardi di euro di passività finanziarie complessive hanno comportato, e comportano tuttora, vincoli agli esercizi dei prossimi dieci anni, addizionali di imposta ed accise regionali al massimo della misura consentita, appesantimento della gestione delle aziende ospedaliere pubbliche. Colpisce che l’assessorato alla Sanità non pare affatto consapevole dei vincoli che esso pone al bilancio della Regione e che il settore sanitario continua ad essere gestito come un “corpo separato” della cosa pubblica. Simili modalità di gestione non attengono esclusivamente lo scabroso terreno della moralità pubblica. Lo sfascio del settore sanitario, ed i vincoli di copertura che esso pone al bilancio, hanno effetti profondi nella determinazione delle politiche regionali e, pertanto, sul tasso di crescita di medio periodo della regione. Innanzitutto in termini di accorciamento dell’orizzonte temporale delle linee di intervento: È evidente che quanto più il disavanzo ed il debito sanitario sono dati ed immodificabili, tanto più le manovre di bilancio saranno affannose e di corto respiro, finalizzate al reperimento, quale che sia lo strumento, delle risorse destinate al ripianamento. Il bilancio, così, da redistributivo di risorse tra settori o tra gruppi sociali, diviene il mero collettore di proventi, con una perdita progressiva ed inesorabile di gradi di libertà. Così facendo si perde l’occasione di una congiuntura finalmente favorevole: negli ultimi mesi, come segnala la Banca d’Italia, l’economia campana pare avere svoltato il punto inferiore del ciclo negativo degli ultimi anni. Quanto robusta e durevole sia la ripresa non è ancora dato sapere con certezza: di sicuro la cassa integrazione scende, così come le espulsioni dal mondo della produzione, mentre le esportazioni aumentano. Gli investimenti, ovvero la componente più qualificante della domanda aggregata, inviano segnali contraddittori; sarebbe necessario il massimo sforzo della nostra istituzione regionale per trasferire risorse, selettive e premiali, verso quei settori che non si limitano ad effettuare ammortamenti e che sarebbero propensi ad incrementare la dotazione produttive e tecnologiche dei propri impianti. Il quesito, ovviamente retorico, è come ciò sia possibile con un bilancio del tutto finalizzato alla copertura del fabbisogno, crescente, dell’assessorato alla Sanità. Anzi, come realisticamente sottolineano gli industriali, maggiore l’inefficienza sanitaria, più elevata la tassazione sulle imprese. Sarebbe ingiusto individuare un solo colpevole: in fondo l’assessore alla Sanità è membro di una giunta regionale composita, espressione di una maggioranza politica composita. Ma, forse, a tutti va bene così.

Repubblica NAPOLI, 08 dicembre 2006

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