Cinque temi per l’Unione

Romano Prodi conclude da Napoli la kermesse delle primarie al motto di “giovani e lavoro”. Ma il successo di una politica per “giovani e lavoro” è solo l’aspetto conclusivo di analisi e di prognosi corrette sui problemi. E in tutta onestà non pare di poter affermare che le analisi dei candidati premier del centrosinistra brillino, oggi, di particolare tensione meridionalistica. A mo’di gioco, ma non troppo, la centralità del Mezzogiorno nei programmi dell’Unione potrebbe essere misurata, ovviamente a mio insindacabile giudizio, dal grado d’adesione alle seguenti proposizioni. Proposizione 1: il livello di desertificazione produttiva delle regioni meridionali ha superato il livello di guardia ed è, solo parzialmente, addebitabile all’attuale compagine governativa. Essa ha radici più profonde nel tempo e rimanda alla revisione delle politiche verso il Mezzogiorno attuate dai governi di centrosinistra. Al momento attuale i responsabili per il meridione dei partiti in esso coalizzati, a cominciare dai Democratici di sinistra, brillano per una totale incapacità elaborativa di proposte operative. Proposizione 2: la parziale tenuta del reddito delle regioni del sud a fronte della grave recessione nazionale non costituisce in alcun modo elemento di fiducia, poiché il nostro sistema produttivo è gracile, in via di progressivo indebolimento, incapace di penetrazione commerciale all’estero e inadeguato ad attrarre investimenti produttivi dall’estero. Anche la Banca d’Italia si esprime senza particolari entusiasmi sulla presunta debole riduzione dei divari territoriali nell’ultimo decennio. Proposizione 3: il frenetico smantellamento del sistema di imprese delle Partecipazioni statali nel Mezzogiorno è avvenuto senza alcuna strategia sulle sorti dei singoli impianti e dei singoli stabilimenti, senza la definizione di opzioni strategiche alternative, quasi che il Sud dovesse pagare il fio di una classe manageriale, quella dei gran commis di Stato, incapace di onorare le funzioni, diceva Pasquale Saraceno, di uno Stato imprenditore. Quale aggravante, le liberalizzazioni e le privatizzazioni hanno accresciuto le forme di oligopolio collusivo a un’imprenditoria privata altrettanto incapace di assolvere funzioni strategiche, incapace di influenzare la dimensione del mercato borsistico. Proposizione 4: i governi nazionali di centrosinistra hanno, nei piani di stabilizzazione finanziaria del disavanzo e del debito pubblico, tagliato indiscriminatamente consumi e investimenti pubblici, come se le due modalità non implicassero conseguenze irreparabili nel lungo periodo. Proposizione 5: la responsabilità intellettuale del declino di una questione meridionale opportunamente aggiornata ha poco a che fare con, diciamo, Brunetta, Tremonti e Baldassarri, poiché ha padri putativi di diversa colorazione politica. L’enfasi sulla piccola impresa, sulla fabbrichetta antesignana del distretto, sul ruolo riequilibrante della moderazione salariale e della flessibilità, sull’ideologia delle privatizzazioni quale strumento per il dispiegarsi hegeliano della concorrenza, sull’irrilevanza della manifattura rispetto al terziario avanzato, hanno nomi quali Giavazzi, Rossi, Viesti, che non gravitano nell’entourage di governo. Anzi. Ovviamente sarà tacciato di scarso meridionalismo chi non avrà aderito ad almeno cinque delle proposizioni elencate o se la sarà cavata dicendo che “il problema è più articolato”.

Repubblica NAPOLI, 16 ottobre 2005

This content has been locked. You can no longer post any comment.

Cerca nel sito

Incontri

Fut Rem

 

.

 

Chi è online

 14 visitatori online