Il deficit della sanità nasce qui e non a Roma

La redazione del bilancio costituisce, per un ente pubblico, l’esplicitazione dei propri desiderata per l’economia, della gerarchia effettiva degli obiettivi enunciati, delle mediazioni che una coalizione di governo è tenuta a ricercare. A ciò non sfugge il bilancio per l’esercizio finanziario del 2006 che la giunta regionale della Campania ha, meritoriamente, approvato prima della scadenza dell’anno solare. Ma, effettuato questo doveroso riconoscimento, è imperativo esprimere delle valutazioni di merito sulla manovra finanziaria: essa appare indiscriminata socialmente; foriera di spinte recessive sull’economia campana; finalizzata al contenimento del disavanzo della spesa sanitaria senza alcun intervento strutturale sulle sue determinanti di medio periodo. Per ciò che concerne la tassazione è previsto, nella manovra della giunta campana, un incremento d’imposta di mezzo punto percentuale sia sul reddito delle persone sia sulle attività produttive. È immediatamente intuitivo come un incremento di pari percentuale per tutti gli scaglioni di reddito sia regressivo, e cioè esso risulta meno incidente al crescere del reddito colpito. Meglio, o meno peggio, sarebbe stato se l’incremento di imposta fosse stato crescente per scaglioni di reddito: avrebbe meno penalizzato i redditi più indigenti e caratterizzati da una maggiore propensione al consumo. Egualitarismo e domanda di mercato sono stati violati con un colpo solo; e non ci risulta, secondo una consuetudine in Campania oramai radicata, che abbiano battuto ciglio le forze di governo della sinistra non diessina. Evidentemente Parigi val bene una messa: perché mettere in discussione equilibri faticosamente trovati su commissioni, assessorati e spoil system dirigenziale? L’incremento, poi, dell’imposta sul reddito d’impresa costituisce una vera coccarda sul tight del nuovo volto dell’internazionalizzazione dell’economia campana. Mentre si intensificano convegni, discussioni ed elucubrazioni sulla possibilità di ripensare a forme di fiscalità di vantaggio che consentano di incidere sulle localizzazioni delle grosse imprese multinazionali, si sancisce che un insediamento nella nostra regione soffre di un accresciuto differenziale di imposta rispetto ai Lander orientali della Germania, all’Irlanda, alla Spagna e al Portogallo. Come manovra di politica territoriale non c’è male, dunque. Ma tutto pare giustificato da un intento primario ed eccezionale: la salvaguardia, pena una decadenza inevitabile, del sistema sanitario pubblico, attaccato dai tagli del bilancio dello Stato centrale. Quasi due terzi degli stanziamenti aggiuntivi sono destinati per competenza alla sanità. Tutto lodevole, verrebbe istintivamente da dire: cosa non si farebbe per continuare a fornire prestazioni gratuite all’indigente popolazione campana? La realtà, purtroppo, è leggermente più complessa del mero richiamo alla tutela dei ceti più deboli: essa riguarda, più prosaicamente, la natura delle mediazioni di giunta. Laddove la subalternità della sinistra “non tradizionale” consente cospicui gradi di libertà, non altrettanto può dirsi del reame assessorale sanitario, tradizionalmente appannaggio della componente “cattolica” della coalizione di governo. Quel che colpisce delle misure è l’assunzione, forte quanto ingiustificata, che i problemi della sanità campana derivano da un governo cinico e baro che taglia i fondi ad assessori virtuosi ed efficienti. E invece la struttura sanitaria della Regione presenta contraddizioni, sprechi e motivi d’allarme che, paradossalmente, finiscono con il giustificare la cesoia di Tremonti. Si costituisca una commissione d’indagine sul sistema sanitario locale che abbia come oggetto di analisi: i costi e gli sprechi degli immobili fittati alle Asl; le relazioni e le certificazioni dei contratti con le aziende di pulizia; l’effettivo utilizzo del personale destinato ad “altre mansioni”; il proliferare immotivato delle giornate di “day hospital”; l’effettivo utilizzo di ospedali della fascia alta, quali Cardarelli e Monaldi per terapie assolutamente monitorabili altrove; l’incentivo per gli anestesisti a lavorare nelle strutture private. Solo dopo aver indagato e risanato tutto ciò sarà credibile mettere mano alle tasche dei cittadini.

Repubblica NAPOLI, 02 novembre 2005

This content has been locked. You can no longer post any comment.

Cerca nel sito

Incontri

Fut Rem

 

.

 

Chi è online

 17 visitatori online