Pozzuoli le tenebre della politica

Impavidi come i cavalieri della Tavola Rotonda, determinati come i Templari, i difensori dell’élite politica di Pozzuoli tornano alla carica; o meglio, tuonano a discarico. E le fila dei difensori d’ufficio magicamente crescono, al crescere degli addebiti mossi alla classe dirigente puteolana. Consueto apripista dei Perry Mason, nostrani e non, l’onorevole Gambale, cui le sorti del centrosinistra flegreo paiono sempre molto a cuore. Il lettore ricorderà che a Pozzuoli era stata insediata una commissione d’accesso che aveva il compito di valutare la liceità dei comportamenti dell’esecutivo. La commissione pare aver ultimato i lavori e inviato al ministro degli Interni una relazione non proprio elogiativa dei governanti. E pare, ancora, che tale relazione, proponente lo scioglimento del Consiglio e della Giunta, sia trapelata alla stampa. Tuoni e fulmini: l’apripista ed il suo, speriamo ignaro, codazzo hanno presentato un’interrogazione al Viminale per la scabrosissima fuga di notizie. Ma i nostri cavalieri non si sono limitati ad una lodevole eccezione di natura metodologica, stigmatizzando la fuga di notizie; essi hanno immediatamente estratto dal cilindro una prolissa ed articolata memoria difensiva che risponde punto per punto alle valutazioni della Commissione. Doppio autogol: alle indiscrezioni si reagisce con giudizi sulle indiscrezioni e li si inviano al ministro, secondo il famoso adagio che la miglior difesa è l’attacco. Sorvoliamo sulla tristezza di un argomentare da azzeccagarbugli e sulla pateticità di rinvio alla giunta comunale precedente d’ogni addebito; sarà il ministro Pisanu a giudicare. Quel che c’interessa è l’argomentare economico e non la rissa elettoralistica. Molti dei comuni campani sono in odore di camorra, è vero, e raziocinio vuole che si evitino atteggiamenti manichei e di criminalizzazione indiscriminata. Tuttavia, clientela e malaffare determinano conseguenze e danni di medio e lungo periodo incalcolabili. Noi tutti sappiamo che a Pozzuoli la corruttela dilaga ma non è totale: ma l’integerrimità personale di qualche assessore ha poco a che fare con i titoli accademici, come i nostri Templari paiono suggerire. A noi, francamente, il codice penale interessa poco. Il maggiore reato di questa classe dirigente è di aver disperso un potenziale di crescita economica e sociale, che ha pochi eguali nel mondo, e che nessuno pseudo-attrattore flegreo, grande o piccolo che sia, sarà, in questo contesto, in grado di attivare. Non si può svilire un patrimonio unico; e Pozzuoli è oramai una città schizofrenica e in ginocchio. In ginocchio perché umiliata nella sua storia d’arte, ferita dalla totale mancanza di luoghi di convivenza sociale, intimorita dall’insediamento stabile di una movida incolta e barbara. Schizofrenica poiché la città è oramai priva d’ogni forma di collante economico o solidale tra i suoi cittadini. Il tracimare della spesa pubblica e dei finanziamenti per la ricostruzione ha determinato un circuito del reddito poderoso ma asfittico, appetitoso ma esclusivo. Ad esso partecipano, oltre che l’élite politica, l’esercito dei costruttori abusivi d’alberghi e di ponti, dei gestori di laboratori di analisi, degli architetti ruffiani. La loro incultura è pari alla capacità d’acquisto; la tipica borghesia compradora da sottosviluppo latino-americano interessata alla perpetuazione redditiva del sistema politico e ostile a quanto la classe media di nuovo insediamento cerca di proporre. E quest’ultima, ricacciata, adopera la città come dormitorio. Ai margini i reietti di Monterusciello. Oggi l’inaffondabile sistema affaristico locale pare affondare; i responsabili diessini della provincia, tardivamente ma meritoriamente, hanno invitato alle dimissioni i propri governanti. Sommessamente consiglieremmo per questa rimozione di dotarsi di qualche carro attrezzi, in ragione del senso della cosa pubblica che pare caratterizzarli. Per gli eminenti compagni di viaggio dell’apripista onorevole Gambale temiamo, invece, una fine analoga a quella di Garcia Lorca il quale dopo aver seguito innamorato la fanciulla amata, ebbe a lamentarsi “~ed io me la portai al fiume credendo fosse vergine e invece avea marito”.

Repubblica NAPOLI, 21 dicembre 2005

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