Il magico accordo tra politici ed elettori

In un film cult di Martin Scorsese, “New York New York”, il protagonista afferma che nella vita di ciascuno di noi si realizza il “magico accordo” se suoni la musica che ti piace, se vivi con la donna che ami, se guadagni il necessario per una vita decorosa. In politica il magico accordo si realizza quando un partito riesce a comunicare con il suo elettore, coinvolgendolo alla testa, al cuore ed alle viscere. L’elettore reagisce “di testa” quando gli viene proposto un programma del quale riconosce la strategia, accetta il percorso, condivide mediazioni e tollera furbizie. Reagirà invece di “cuore”, allorché, del politico, condivide ideali e disponibilità alla pazienza. Sarà, infine, coinvolto di “viscere” se il politico farà appello alle sue paure più profonde e a desideri talvolta sublimati. Mitterand apparteneva alla prima categoria, Pertini alla seconda, Berlusconi di certo, alla terza. Raramente un politico è riuscito a realizzare il magico accordo: forse Kohl in Germania, De Gasperi e Berlinguer in Italia, De Gaulle in Francia, Roosevelt negli Usa. I nomi che abbiamo accennato sono, si sa, irripetibili e sembra quasi provocatorio scomodarli; tuttavia, se si ripercorre la loro storia, si potrà notare come il “magico accordo” si caratterizzò come uno sforzo incessante di toccare più corde dell’elettorato cui si rivolgevano. Qui da noi, a Napoli, si continua in una malinconica divisione del lavoro, secondo cui ciascun raggruppamento politico è monopolista depositario di un solo spicchio della nostra coscienza. E questa paradossale specializzazione relativa non pare voler essere messa in discussione nemmeno per le prossime amministrative. Il centrosinistra, facendo appello alla “testa” di ciascuno di noi, chiede un voto ragionato e riflessivo, che assicuri il proseguimento delle azioni verso il ripristino di condizioni normali di esistenza di una metropoli, ferita sì, ma non prostrata come si vorrebbe far credere. Il centrodestra locale, stupito di una quantità regionale di voti alle politiche, aspetta che Berlusconi scenda in Campania e spieghi come arrivare alle viscere della città. Infine la compagine di Rossi Doria, i cui reiterati appelli alla partecipazione, alla difesa del tessuto sociale più reietto, ai valori della mobilitazione, appaiono tanto onesti e sinceri quanto privi di definizione di strategie e di strumenti: un ricorso al cuore ed alla nobiltà dei metodi. Ancora, dunque, cuore e ragione in compartimenti stagni: il dramma è che mentre le viscere possono far trionfare un’edizione riveduta e corretta del laurismo, cuore e testa, forse, da sole potrebbero non bastare; ed è compito della classe di governo tentarne una sintesi. Rosa Iervolino è donna d’onore e la sua militanza nel dopoguerra nella parte nobile del cattolicesimo di sinistra la legittimerebbe a mirare non solo alla testa, ma anche ai valori degli elettori. Chi, dovrebbe aiutarla, o comunque agevolarla, e cioè i maggiori partiti del centrosinistra, oggi costituisce un obiettivo impedimento. Invece che al cuore, la dimensione del ragionamento elettorale premia sempre la testa, e, nella testa, la furbizia più che l’intelligenza. Divisioni clamorose tra prime donne, capilista di inesistente integrazione sul territorio, una concezione di Napoli che ruota intorno a Chiaia, come se la periferia non esistesse, comprimono le possibilità che il messaggio della Iervolino scenda oltre la ragionevolezza del male minore o dell’ingenuità di Rossi-Doria. Ci pensi il sindaco: la sua storia è storia di partito, ma, non obbligatoriamente, di questi partiti.

Repubblica NAPOLI, 30 aprile 2006

This content has been locked. You can no longer post any comment.

Cerca nel sito

Incontri

Fut Rem

 

.

 

Chi è online

 9 visitatori online