Politica Economica. Prefazione

Questa Prefazione è apparsa in: Ugo Marani, Rosaria R. Canale, Oreste Napolitano, Pasquale Foresti, Politica economica. La teoria e l'unione europea, Hoepli, Milano, 2008, è pubblicato per gentile concessione dell'editore. Tutti i diritti riservati © Hoepli Editore.

If you know exactly what you are going to do, what is the point of doing it?
P. Picasso

Copertina Politica EconomicaÈ difficile individuare con precisione i motivi che portano a scrivere un libro, sia pur di carattere scientifico: se un libro, come afferma Bruce Chatwin, è come un viaggio, alla fine della fatica rimane il senso del percorso effettuato, più che le motivazioni iniziali.
In questo caso mi è possibile isolarne qualcuno, dei motivi. Forse ciò può servire al lettore per comprendere la filosofia sottesa al volume.
In primo luogo il desiderio di razionalizzare, portandoli a una coerenza che solo la stesura di un libro può dare, numerosi corsi accademici sulla politica economica affinatisi progressivamente sulle tematiche del rapporto tra teoria e Unione Monetaria Europea.
Questo cumulo di notazioni e di lezioni, svoltesi tra l’Università di Napoli e numerose università straniere, in primo luogo la Katholieke Universiteit di Lovanio, ha potuto tradursi in un volume grazie al costituirsi di un gruppo di lavoro di cui fanno parte i coautori, un gruppo tanto entusiasta quanto capace di una coesione difficile a trovarsi nelle nebbie di isterica competitività dell’accademia italiana. A Rosaria Rita Canale, Pasquale Foresti e Oreste Napolitano va, dunque, il primo, necessario ringraziamento esteso poi a Paul De Grauwe, che ha condiviso lunghe discussioni sull’economia e la storia di un’Europa in divenire.
La seconda motivazione è una progressiva insoddisfazione culturale per il connubio che si è andato indissolubilmente formando, da un quindicennio a questa parte, tra una nuova ortodossia teorica e i fondamenti della politica economica portata avanti dalle istituzioni europee.
Si tratta di un connubio che ha liquidato, con una frettolosità a mio avviso eccessiva, l’armamentario teorico e i postulati di Keynes e del keynesismo, minimizzando la componente discrezionale dell’intervento dello stato nell’economia di mercato e individuando nel mero controllo dei prezzi la ragion d’essere della regolazione.
Ciò che colpisce di questo connubio è il livello di certezze e di convinzioni che appare stridente con la dubbiosità propria del ricercatore o con la problematicità delle istituzioni che governano una realtà complessa come quella dell’Unione Europea. Non si intende qui dire che la policy non debba essere risoluta e determinata; tuttavia se il lettore avrà modo di leggere i documenti e le riflessioni di policy maker operanti in realtà altrettanto complesse di quella europea, come gli Stati Uniti o la Gran Bretagna, potrà personalmente rilevare quanto il tono di Greenspan, già presidente della Federal Reserve, di King, governatore della Bank of England, di Robert Reich, Ministro del Lavoro durante la presidenza di Clinton, sia risoluto nella policy ma problematico nell’analisi, attento alla possibile erroneità delle proprie idee e alla potenziale veridicità di quelle contrarie.
In Europa, o meglio, nella cultura di chi gestisce l’Unione Monetaria Europea, nulla di tutto ciò: i governanti della Banca Centrale Europea ripropongono pervicacemente un modello di banca centrale che dovrebbe suscitare, almeno, qualche perplessità; i responsabili della Commissione Europea, tra tutti l’attuale commissario per gli Affari Economici e Finanziari, Joaquin Almunia, paiono esibire una sicumera interpretativa e prescrittiva che sembra crescere di pari passo con gli elementi di problematicità che l’Europa è chiamata a risolvere.
E questo è, per il lettore che avrà la pazienza di seguire il nostro argomentare, quanto ci sentiamo di scrivere: l’Unione Monetaria Europea, un traguardo importante e politicamente impensabile solo una ventina di anni fa, necessita non tanto di certezze ostentate o di teorie funzionali, quanto di sensibilità sociale, di attenzione alle diversità interpretative, di una sistematica revisione di postulati che paiono messi in discussione dalla storia. Probabilmente in un momento di parziale rigetto del modello comunitario in democrazie compiute come quella danese o irlandese, una simile laicità di giudizio e di comportamento consentirebbe di pensare alla politica economica comunitaria come un corpus in fieri, più che come un modello elaborato da una ristretta élite burocratica e politica.
Se (riprendendo ancora Chatwin) il libro è un viaggio che non solo allarga la mente, ma le dà anche forma, allora laicità e lungimiranza ci paiono i presupposti di efficacia di ogni indirizzo di politica economica.
Interpretando le sensazioni dei miei compagni di viaggio, desidero, infine, ringraziare chi, nelle famiglie, ci sta vicino quotidianamente. In alcuni momenti a qualcuno di noi è venuto da pensare che senza di essi il libro avrebbe avuto una gestazione più veloce; ma la saggezza di chi è arrivato alla meta ci rende fermamente consapevoli che senza quegli affetti sarebbe mancato l’equilibrio per osare la traversata.
Dunque questo libro è dedicato a Marisa, Manuela e Marco; a Ciccio, Anna e Benedetta, ad Antonio e Maria; a Davide e Maria.

Settembre 2008

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