Le Municipalità del Comune di Napoli.

Le Municipalità del Comune di Napoli.

Giovanni De Falco, Ires Campania

 

Meno male, sono dieci. Alla fine ha prevalso il buon senso. L’undicesima Municipalità sembrava fuori luogo, un dispari senza senso.

In un’ottica metropolitana mi auguro che questo passaggio possa assumere il significato della sperimentazione con l’obiettivo di ridurre a cinque le nuove realtà amministrative territoriali.

Con la delibera del 10 febbraio scorso viene ridimensionato anche il numero dei consiglieri, da 434 a 340, quasi cento in meno.

Continuo a credere che questo numero sia ancora eccessivo e, probabilmente, dimensionato non tanto ai bisogni reali dell’amministrare (compiti e funzioni) quanto a quelli della politica.

Le prime risposte provenienti da alcuni parlamentini circoscrizionali non possono dirsi rincuoranti: qualcuno (all’unanimità) ha decisamente rigettato il processo di accorpamento con critiche politicamente eccepibili. Preoccupati più per il pur lieve ridimensionamento delle cariche eleggibili tanto faticosamente (e costosamente) conquistate nelle ultime tornate elettorali che per le funzioni decentrate assegnate. Insomma, le poltrone contano ancora e sempre più delle comunità.

Ma tutta la discussione sin qui portata avanti dal Comune di Napoli pecca per una insufficiente “ingegneria amministrativa”.

La grande assente, nella fase di riorganizzazione territoriale, appare la valutazione economica delle aree, la loro capacità di sviluppo in termini di potenzialità e di risorse disponibili. Il federalismo fiscale, se dovesse affermarsi, imporrà una seria riflessione.

Le divisioni, così come sono venute a determinarsi, pare tengano conto soprattutto dei valori demografici (circa centomila abitanti per Municipalità) con una attenzione da manuale alle composizioni (numeriche) dei consigli.

Il fatto è che quando si affronteranno seriamente i problemi di gestione amministrativa e fiscale ci si accorgerà che il “bilancino” adottato a stragrande maggioranza in consiglio comunale avrà determinato nuovi e più diffusi squilibri territoriali.

Aspetto che altri riflettano sulle condizioni territoriali fortemente differenziate tra aree centrali e periferiche, tra quelle collinari e di costa, tra quelle terziarie consolidate e quelle ex industriali sottoposte a bonifica. Aspetto che altri si accorgano di come le condizioni di partenza di questi nuovi territori amministrativi siano diversi e squilibrati, difficili da governare.

Questi rilievi non devono far pensare che chi scrive sia contrario a questo processo, anzi. Ritengo, però, che la filosofia progettuale con la quale ci si è mossi sia piuttosto superficiale ed arruffona; come ancora superficiale  appare la definizione compiuta di funzioni, compiti ed autonomie, ad oggi soltanto abbozzate.

Resto convinto che l’allargamento delle aree, per effetto della riduzione a cinque Municipalità, con il conseguente inglobamento in esse di vari e differenziati squilibri porterebbe, paradossalmente, a riequilibrare le condizioni socio-economiche di partenza, ma sarà necessario riprendere la discussione sull’Area Metropolitana e, a mio parere, questo fronte trova ancora forti ed inutili resistenze.

 

Data: 14 aprile 2005

Stampa: Corriere del Mezzogiorno

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