Le Municipalità, laboratori di sperimentazione amministrativa e di autogoverno.

Giovanni De Falco, Ires Campania

Il processo di decentramento amministrativo avviato dal Comune di Napoli con l’istituzione delle Municipalità, laboratori di sperimentazione amministrativa e di autogoverno, impone una riflessione più ampia anche a livello regionale.

L’esigenza di riarticolare l’amministrazione in forme più dirette di partecipazione dei cittadini con la possibilità di autogestire le risorse proprie dei territori valorizzandole in un circuito di sviluppo e competizione è un aspetto che non riguarda soltanto il Comune di Napoli e la sua Area metropolitana, della quale per altro nessuno più parla.

Questa riorganizzazione mette fuori gioco tutte le entità territoriali non in grado di realizzare sviluppo e competitività, nella regione questo accade a tutte le piccole comunità.

In Campania esistono 543 comuni, di questi ben 425 registrano una popolazione inferiore a diecimila abitanti (57 addirittura non arrivano a quota mille), 101 una popolazione compresa tra diecimila e cinquantamila, soltanto 17 superano i cinquantamila abitanti e, di questi, soltanto due i centomila (Napoli con poco più di un milione e Salerno con poco più di centomila).

Molte realtà comunali denunciano insufficienti risorse non solo per investirle in progetti di sviluppo ma, addirittura, per il semplice sostentamento vitale della propria organizzazione.

I cittadini di questa regione godono di differenti condizioni di welfare, in molti comuni, infatti, per le ragioni citate, l’unica attività consolidata è quella relativa ai tagli dei servizi pubblici e dell’assistenza. Possiamo affermare di trovarci di fronte ad una “democrazia ineguale”.

La possibilità di sperimentare nuove forme di aggregazione urbana diviene sempre più impellente. Sarebbe inutile, penso, ragionare per sottrazione, come qualcuno pure propone, per esempio, con la possibilità di creare nuove mini province (su tutte quella nolana).

L’unica strada percorribile appare quella dell’aggregazione coerente di alcune aree per offrire ad esse una qualche probabilità di competitività territoriale. Potremmo fare alcuni esempi di aree omogenee: la Baronia e la valle dell’Ufita in Irpinia; il Fortore nel beneventano; il Cilento o il Vallo nel salernitano; il Matesino nel casertano; i Monti Lattari nel napoletano. Sono aree “povere” in termini di risorse pur avendo grandi potenzialità.

In tali aree, quindi, potrebbero individuarsi nuove Municipalità che mettendo insieme i piccoli Comuni realizzino economie di scala individuando risorse e prospettive di sviluppo.

Il tema delle Municipalità, dunque, si propone prepotentemente all’attenzione nelle politiche di rilancio del territorio e richiama la Regione (e le Province) ai compiti propri di programmazione e controllo.

Chi opera nel campo dell’economia sa che i piccoli comuni, oggetto di particolare attenzione legislativa, da soli non potranno in alcun modo competere o realizzare processi di sviluppo sembra necessario, quindi, trovare percorsi realmente innovativi, le forme di autogoverno offerte dalle Municipalità sembrano offrire un’occasione unica.

 

Data: 14 febbraio 2005

Stampa: Corriere del Mezzogiorno

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