Il Mezzogiorno dentro la crisi. Istituzioni, economia e legalità

di Giovanni De Falco.

 

Finalmente ci si accorge che i problemi della legalità sono anche problemi economici. Ed il tema della legalità non potrà mai prescindere dai progetti per lo sviluppo del Mezzogiorno.

«La profonda crisi in cui versano le regioni nel Mezzogiorno – sottolinea Mario Centorrino, ordinario di Politica Economica della Facoltà di Scienze Politiche dell’Università di Messina - è dovuta alla loro incapacità di evolvere da enti gestori a enti protagonisti della programmazione e dello sviluppo».

La spesa continua ad essere il fulcro delle attività regionali nel mentre si sono notevolmente ridotte le competenze programmatorie.

Ne deriva una situazione pesante rispetto alla quale le classi politiche regionali hanno pensato di far fronte con misure sbagliate ed inefficaci come l’aumento del costo della politica o l’adozione di un sistema di governo centrato sul presidenzialismo spinto.

Si può affermare, perciò, che nel Mezzogiorno siamo alle prese con una profonda crisi politica che riguarda il ridimensionamento della democrazia e la accresciuta forza dei “gruppi di potere”, legali ed illegali, ai quali si ha difficoltà a far fronte per la debolezza della partecipazione democratica e per un oggettivo indebolimento delle regole e dei controlli e con una grave crisi istituzionale che riguarda l’istituto delle Regioni che consente di affermare che la rinnovata crescita del divario col resto del Paese, le difficoltà che si frappongono all’azione per lo sviluppo e la crescita civile derivino dal sostanziale fallimento del regionalismo nel meridione d’Italia.

L'emergenza appare come una straordinaria ed imperdibile opportunità di nuovi e imponenti introiti illeciti. Specie in un tessuto debole come quello meridionale, nel quale la criminalità cerca con ogni mezzo di proporsi come una (mala)istituzione capace di soddisfare gli interessi trasversali della società ai suoi vari livelli (dal disoccupato all'imprenditore). Le continue commistioni tra politica, affari e poteri forti (criminalità compresa) continuano a bloccare le nostre regioni che versano in una situazione stagnante impressionante.

Di fronte a questa situazione è indispensabile definire un nuovo modello di risanamento e di rinascita attraverso un nuovo patto sociale.

Il punto di inizio investe direttamente la politica e le classi dirigenti cui si richiede di compiere un atto di discontinuità proponendo riforme utili e credibili (e in tempi certi).

Soprattutto per spezzare quel consociativismo e quelle derive clientelari legate al controllo della spesa che ad oggi ha prodotto l’accumulo di pesanti disavanzi (sanità), il compromesso equilibrio ambientale (inquinamenti e rifiuti), l’utilizzo, tutt’altro che esaltante, dei fondi europei che non hanno creato, né prodotto, sistemi di qualità.

«La debolezza della politica e delle istituzioni – affermano i magistrati Giuseppe Narducci e Paolo Mancuso - offre terreno fertile alle organizzazioni criminali, mentre occorre una strategia unica che coinvolga governi, magistratura e forze dell'ordine, che unisca repressione, prevenzione e controllo del territorio, che metta in campo più risorse umane, tecnologie moderne e conoscenze».

La sconfitta dell'illegalità, dunque, rappresenta l’irrinunciabile condizione per ridare futuro alle nostre città e soprattutto ai giovani e ai più deboli.

In questo senso, la prospettiva sinergica fornisce uno strumento duttile ed incisivo per programmare e realizzare un efficace piano di contrasto nei confronti delle organizzazioni criminali, nel nome della cooperazione, dell’unità d’intenti, di quella stessa ‘sussidiarietà orizzontale’ che dovrebbe garantire un più ottimale esercizio delle funzioni da parte degli enti pubblici più vicini al cittadino.

NotizieSindacali.com Sezione Politica. Notizia n. 44 del 3/12/08.

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