La Zona Franca Urbana a Napoli: una scelta per lo sviluppo

di Gianni De Falco, direttore Ires Campania

La discussione ed il confronto sull’istituzione di una Zona Franca Urbana (ZFU) a Napoli è finalmente decollata grazie, a mio avviso, ad alcuni articoli pubblicati recentemente. Mi riferisco, in particolare, ad un articolo apparso su Nuova Stagione che sollevava la necessità di “estendere” la ZFU all’area orientale di Napoli «una delle zone a più alta densità industriale d’Italia»; ad un articolo di Ernesto Paolozzi che inquadrava la ZFU in una dimensione «non solo napoletana ma più ampiamente meridionale»; all’articolo di Bruno Discepolo che sollevava la giusta preoccupazione di inquadrare la ZFU in un contesto di «sistema città» e, per finire, all’articolo di Attilio Belli che invitava a rifarsi all’esperienza francese.

L’Ires-Cgil Campania ha sviluppato un proprio studio sull’esperienza delle ZFU a livello internazionale studiando alcuni casi particolari (Uruguay, Emirati Arabi Uniti) e alcune esperienze europee (Barcellona e Nizza, quartiere Ariane).

Esse presentano numerose analogie si fondano, infatti, su un intervento/idea forte attorno al quale sviluppare ipotesi di lavoro individuando efficaci parametri operativi, per restare alle esperienze europee il “porto” a Barcellona e il “recupero sociale e urbano” nel quartiere Ariane a Nizza. Comune filo rosso l’investimento sulle politiche per l’occupabilità: con il rafforzamento del sistema imprenditoriale manifatturiero esistente e con il sostegno alla creazione di nuova imprenditorialità (e nuova occupazione).

A Napoli la discussione sembra bloccata, senza alcuna analisi economico-sociale, sui quartieri che faranno o no parte della ZFU conferendo all’idea dello sviluppo una visione miope e distorta. Personalmente non avrei dubbi, la ZFU a Napoli può corrispondere soltanto all’area orientale della città comprendendo il porto commerciale ed i quartieri di Porto, Pendino, Mercato, Poggioreale, Zona industriale, Ponticelli, Barra e S. Giovanni. Quest’area ha valenza di nodo strategico metropolitano e regionale e si inquadrerebbe perfettamente con le indicazioni di sviluppo locale e regionale di “piattaforma logistica” per l’intero sistema mezzogiorno. Qui sono localizzate le attività portuali, il parco ferroviario e, inoltre, da qui partono le bretelle di collegamento autostradale verso Salerno e la Calabria, verso Caserta e Roma (la dorsale tirrenica) e verso Avellino, Benevento e la Puglia.

Sembrano già dimenticati i punti comuni individuati da tutti gli strumenti di programmazione adottati (il Piano di Sviluppo Regionale per la programmazione economica,  il Dpef, i Programmi operativi e la stessa Agenda comunitaria 2007-2013): trasformare la Campania in una piattaforma integrata del Mediterraneo (anche in vista dell’avvio dell’area di libero mercato nel Mediterraneo a partire dal 2010); individuare e sostenere le eccellenze produttive ed economiche del territorio garantendo vantaggi competitivi durevoli (Nicolais).

Qualche dato. Nel Centro storico registriamo la presenza di 36.000 imprese totali con 140.000 addetti e una media di 3,9 addetti per impresa, nella ZFU individuata dal nostro studio le imprese risultano 13.500 con 72.500 addetti e una media di 5,4 addetti per impresa. Considerando solo le imprese manifatturiere e del settore trasporti e comunicazioni nel Centro storico si registrano 4.500 imprese (12,5% sul totale) con 38.700 addetti (27,5%) e una media di 8,6 addetti per impresa, nella ZFU individuata le imprese risultano 2.400 (18,0%) con 29.500 addetti (40,6%) e una media di 12,2 addetti per impresa.

Un’ultima annotazione, non marginale. è mia opinione che la scelta di vincolare il Centro storico come ZFU è stata una vera e propria forzatura. Un’altra cambiale da portare all’incasso.

NotizieSindacali.com 14-04-2009 Corriere del Mezzogiorno 14-04-2009

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