L’urbanistica dei promotori.

Gianni De Falco, direttore Ires Campania

 Più di recente è tornata d’attualità una vecchia proposta di intervento sull’area cittadina napoletana: il progetto Neonapoli, sponsorizzato dall’allora ministro Pomicino e sostenuto da una pletora di imprenditori locali (quasi tutti manager del mattone). Torna, dunque, a far capolino la cosiddetta urbanistica dei promotori. E’ significativo che ciò accada.

Fu allora possibile in quanto gli Enti locali, rappresentativi di uno stato politico di facciata, furono incapaci di produrre scelte di indirizzo e di sviluppo.

Il vuoto istituzionale fu, dunque, occupato da chiunque fosse in grado di proporre un qualsivoglia progetto che avesse un benché minimo contenuto (illusionistico).

Questo fu Neonapoli, disegnò scenari fantastici, fece intravedere enormi capacità progettuali ed infinite risorse da impegnare per la sua realizzazione.

E’ vero, riuscì ad aggregare molti onesti professionisti ed intellettuali sulla scorta di obiettivi anche condivisibili, di natura sociale, culturale, artistica, formativa, imprenditoriale e così via, ma crollò miseramente rispetto alle prime osservazioni di merito: un progetto di contenitori più che di contenuti. In molti, alla fine, si defilarono o si dissociarono.

Il ruolo dell’Amministrazione pubblica, delle Istituzioni locali, ha ricevuto una fantastica spinta propulsiva con il nuovo sistema elettorale che ha ridisegnato ruoli e compiti degli Enti locali. Non a caso per Napoli si coniò il termine di Rinascimento napoletano, uno straordinario momento in cui prevalse l’aspetto tecnico e, soprattutto, culturale del buon governo.

Alla prova dei fatti l’urbanistica dei promotori torna a riproporsi; evidentemente, significa che quella spinta propulsiva è esaurita (e lo è oramai da anni!) e ci troviamo di fronte ad un altrettanto, quanto, preoccupante vuoto istituzionale.

La dura crisi politica registrata alla Regione, la sostanziale evanescenza della nuova amministrazione provinciale ed il livello di litigiosità raggiunto in seno al Consiglio comunale di Napoli ne sono, purtroppo, fedele testimonianza.

L’urbanistica sembra non uscire benissimo dal confronto con questa realtà complessa: da un lato, sconterebbe la necessità fisiologica di tempi di adattamento scientifico e operativo a quanto pare non più compatibili coi nuovi contesti; dall’altro, il suo ruolo di “scrittura tecnica sotto dettatura politica” appare in parte messo in crisi vuoi da una parallela necessità di adattamento dell’ambito delle decisioni politiche (ben nota ahimè anche per altri aspetti), vuoi dalla concorrenza degli eventi pigliatutto, che fingendo di riassumere in sé realtà complesse attraverso facili e vincenti slogan, sottomettono il tutto ad una parte.

Nascono così formule fortunate, dalla città infinita (una specie di megalopoli sottovuoto) ai superluoghi (contenitori concettuali multiuso per architetture firmate non residenziali) in grado di veicolare anche contenuti scientificamente rilevanti verso finalità a dir poco deludenti (pe. la Città della Scienza o le Piazze telematiche): qualche carriera politica o professionale, un po’ di visibilità personale, qualche rimpianto postumo quando emerge puntualmente dalle contraddizioni lo squilibrio fra aspettative e risultati.

Appare dunque fondamentale che ai promotori di ieri si sostituiscano i cittadini portatori di esigenze e di bisogni, ma anche di idee e di proposte.

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