Ravello: l’Auditorium e il giardino di Klingsor.

Giovanni De Falco, Direttore, Ires Campania

 

Sempre si è discusso sulla necessità di intervento e di salvaguardia in luoghi particolarmente significativi dal punto di vista ambientale, paesaggistico e storico-culturale. Il caso, più recente, è quello dell'Auditorium di Ravello che ritorna prepotentemente alla cronaca e non solo per la fastidiosa (ed annosa) discussione sulla gestione della sala.

È nel 2003 che scoppia lo scandalo dei ricorsi. L'ombra degli intoppi legali sulla vicenda erano comparsi quando i proprietari del terreno, dove sorge lo stabile, decisero di ricorrere al TAR dopo che il progetto aveva superato l'iter amministrativo e burocratico. Vennero affiancati dagli ambientalisti di Italia Nostra. E da allora iniziarono anni di battaglia. Fino a quando, recentemente, il nastro dell'inaugurazione è stato finalmente tagliato.

In spregio alla normativa, esistente e vincolante, la Legge regionale 35/1987 approvativa del PUT, infatti, che all’articolo 17 esclude tale tipo di intervento, prescrivendo la tutela dei terrazzamenti e le stesse conclusioni in sentenza del TAR Campania che esprime con chiarezza il «contrasto dell’edificazione dell’auditorium con le prescrizioni del PUT».

Nonostante ciò il Consiglio di Stato ha annullato la Sentenza, limitandosi a rilevare (in procedura) che il ricorso andava notificato anche al Ministero dei Beni Culturali, un cavillo, dunque, ritenuto irrilevante invece dal TAR, senza minimamente entrare nel merito della difformità al PUT acclarata e sottolineata, invece, dal Tribunale Amministrativo (pinzillacchere, avrebbe detto Totò).

L’opera, attribuita all’architetto Oscar Niemeyer (che tra l’altro non ha mai messo piede in quel di Ravello) è brutta, permettetemi un giudizio estetico, e del tutto estranea al contesto (per molti assomiglia ad un “portarotoli della carta igienica” altro che “conchiglia”), è stata inaugurata e poi chiusa perché priva di agibilità (ed a tutt’oggi lo è), ed è oggetto di una antipatica diatriba tra il Comune e la Fondazione che se ne contendono la gestione.

In questi giorni il quotidiano di Napoli “Il Mattino” ha finalmente portato alla cronaca la situazione vergognosa in cui versa. Come San Tommaso abbiamo deciso di visitarlo (soltanto esternamente purtroppo, perdurante la sua inagibilità e, dunque, il divieto di visita).

La situazione è veramente imbarazzante: il parquet è già del tutto usurato, l’impermeabilizzazione della copertura appare già a vista d’occhio logora, attraverso le vetrate si può facilmente individuare il danno provocato dalle varie e numerose infiltrazioni di umidità, gli arredi sono già segnati dal tempo (e si tratta di pochi mesi), anche il calpestio esterno appare già logoro e consunto.

L’Auditorium è costato circa 18 milioni e cinquecentomila euro, con molto meno, e qui sono totalmente d’accordo con Italia Nostra,  avrebbero potuto recuperare una, o più di una, delle tantissime belle architetture religiose abbandonate esistenti in costiera a vantaggio della storia dei luoghi, del paesaggio e pure dei cultori della musica e, aggiungo, della legalità.

Fu inaugurato, si ricorderà, con un concerto della Banda dell’arma dei Carabinieri e con un concerto di Lucio Dalla che, certo, per quello che dovrebbe rappresentare, una “basilica” della musica, non mi sembra un granchè… con tutto il rispetto per la banda e per Dalla…

Dove sono oggi gli osannanti uomini della cultura e della politica che in spregio alla normativa e, permettetemi, al buon senso appoggiarono la realizzazione di quest’opera?

Chi risponderà per questo nuovo scempio edilizio, per questo inenarrabile danno paesaggistico e ambientale, ma anche sociale e culturale?

Oggi, ed a ragione, qualcuno si preoccupa che a fronte delle mille beghe della politicuccia locale l’Unione Europea rivendichi la restituzione dei milioni sin qui spesi… purtroppo sono cose già viste e riviste.

Alla fine, scommetto, i concerti dell’estate a Ravello si faranno ancora nei bellissimi giardini di Villa Rufolo, come certamente piacerà a Richard Wagner che nel registro delle visite così annotò: "Il giardino incantato di Klingsor è stato trovato". Il problema, ora, è quello di non perderlo.

 

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