Un gesto d'amore del premier.

Gianni De Falco, direttore Ires Campania

Aldo Brancher è stato, fino a poco tempo fa, un nome “nuovo” della politica assurto agli onori (ed oneri) della cronaca il giorno 18 giugno scorso per la sua nomina a Ministro all’attuazione del Federalismo amministrativo e fiscale che poi, sulla scorta delle proteste di Bossi (il giorno 21 giugno tuona: «il ministro per il Federalismo sono soltanto io»), ha modificato la delega (il giorno 22 giugno) in Ministro per la Sussidiarietà e il Decentramento.

Possibile che non ci sia accorti di aver creato inutili doppioni? O piuttosto bisognava dargli un incarico qualsiasi pur di salvarlo dalle inchieste e dai processi?

Brancher, in realtà, non è il “nuovo” che avanza, anzi. Il ministro è già noto alle cronache politiche e, ancor più, alle cronache giudiziarie del paese.

Per la cronaca politica Brancher è noto fin dal 1999, eletto nel 2001 alla Camera con Forza Italia il “partito azienda” di Berlusconi, ed infatti il nostro dal 1982 risultava dirigente del gruppo Fininvest (palestra politica ed elettorale del neoliberismo nazionale). Durante la XIV legislatura, nei due governi Berlusconi, ricopre l’incarico di sottosegretario di Stato nel Dipartimento per le riforme istituzionali e la devoluzione.

Viene rieletto nel 2006 e nel corso della XV legislatura ricopre l’incarico di vicepresidente del gruppo Forza Italia alla Camera.

Nel 2008, fedelissimo collaboratore del Cavaliere, viene rieletto nelle liste del Popolo della Libertà.

Per la cronaca giudiziaria è noto per essere stato tra gli inquisiti nell’indagine “Mani pulite” e detenuto per tre mesi nel carcere di S. Vittore. Scarcerato per decorrenza dei termini di custodia cautelare, è stato condannato con giudizio di primo grado e in appello per falso in bilancio e finanziamento illecito ai partiti. In Cassazione il secondo reato va in prescrizione, mentre il primo è stato depenalizzato dal secondo Governo Berlusconi, del quale, tra l’altro, faceva parte.

Viene indagato, poi, a Milano per ricettazione nell’indagine sullo scandalo della Banca Antonveneta e la scalata di Gianpiero Fiorani all’istituto creditizio: la Procura ha rintracciato, presso la Banca Popolare di Lodi, un conto intestato alla moglie di Brancher, con lui inquisita, con un affidamento e una plusvalenza sicura di 300mila euro (quisquiglie…) in due anni.

In seguito alla nomina a Ministro (avvenuta, come ricordavamo, il 18 giugno 2010) Aldo Brancher ha eccepito, in base alla legge, il legittimo impedimento. Questo è avvenuto a soli cinque giorni dalla nomina a ministro. Un record!

Il 26 giugno era prevista l'udienza del processo sul tentativo di scalata ad Antonveneta da parte di BPL in cui il ministro era imputato. Brancher, rispondendo ai giornalisti, ha motivato la richiesta di sospensione del processo con la necessità di organizzare il nuovo ministero. Non è vero.

I legali di Brancher hanno invece presentato formale richiesta di "legittimo impedimento" non sulla base dell'organizzazione del ministero (secondo quanto da lui appunto dichiarato, ma come faceva a non saperlo? Scajola docet…), ma in virtù del varo di alcune leggi impellenti.

Sull'ammissibilità il giudice Annamaria Gatto deciderà il prossimo 5 luglio e, in conseguenza, deciderà se ricorrere per incostituzionalità della norma presso la Consulta, stralciando la posizione di Brancher dal processo che vede la moglie co-imputata e, ritardando, in ogni caso l'avvio del dibattimento.

Dunque, non è vero ciò che afferma: «il giorno 5 luglio mi presenterò in Tribunale e  mi farò interrogare dai magistrati».

Persino il Presidente della Repubblica, sempre pronto a rimarcare la marginalità delle sue competenze, si è inserito con forza nel dibattito sull'immunità e contro l'uso così spregiudicato della recente norma salva-ministri criticandone apertamente l'applicazione nel particolare caso. Un atto che travalica le proprie competenze, ma che, a quanto pare, è possibile fare.

Gli alleati finiani, il “manipolo” di sabotatori del governo, scoprono con ritardo il reale scopo applicativo della legge sul "legittimo impedimento" e, a quanto appare, se ne scandalizzano.

Mentre il leader della Lega Nord, Bossi, scarica ogni responsabilità sul suo amico-alleato Brancher, evitando accuratamente di criticare il gesto ai limiti della concussione politica e morale (l’utilizzo del ruolo pubblico per i propri tornaconti personali), ma imputandogli scarsa “furbizia” per non aver aspettato alcuni giorni al fine di non destare tutti questi sospetti, a conferma della regola nazionale secondo cui sono i furbi e i lestofanti a fare carriera, soprattutto nella politica.

A reagire, alla fine, è lo stesso Brancher, visibilmente irritato, respinge ai vari mittenti la pioggia di critiche precipitatagli addosso e, confondendo le cose, afferma che per colpa dell’eliminazione dal mondiale della nazionale italiana tutti se la prendono con lui. Domanda: ma niente niente c’entrasse per davvero? E infatti presumo che sia proprio così, la sua nomina in stile “carbonaro” è avvenuta proprio nei giorni del mondiale… «Brancher? E chi è? Gioca in attacco? Ah no, fa il ministro? E di che? E l’Italia che ha fatto?...».

Sfortunatamente per noi (ma soprattutto per lui!) la nazionale è stata eliminata e la cronaca giudiziaria ha sostituito quella sportiva… «Brancher? Chi il ministro? Non vuole farsi processare? Che schifo… che indecenza… Tutti uguali, lui, Lippi, Abete e Berlusconi… andate a lavorare!».

Il processo, comunque, doveva avviarsi prima delle ferie di agosto, tra il 20 e il 31 luglio, mentre ora, stando a quanto riferisce il pm Eugenio Fusco, sarà destinato a procrastinarsi quasi inevitabilmente, e, impotente, dichiara in aula: «mi sento preso in giro» (lui solo?).

Intanto in commissione Affari Costituzionali del Senato è già in discussione il “Lodo Gasparri-Quagliariello”, che garantisce immunità totale a tutti i ministri del governo (un’evoluzione della specie, altro che Lodo Alfano…) a meno che, qualche emendamento dal respiro "egualitario" nel passaggio alle camere, non voglia estendere la tutela a tutti i membri del governo estendendo l’ala protettrice anche sui poveri Bertolaso, Scajola, Cosentino e via dicendo evitandone l’amaro destino.

Insomma, quattro passaggi parlamentari, qualche emendamento e un gesto d'amore del premier per sperare.

Una volta approvato anche la legge sul "legittimo impedimento" diventerà carta straccia, un ricordo del passato.

E a quel punto (povera Italia!), non ci saranno capi di Stato, leader leghisti o "finiani", opposizione e piazza che tengano…

Cerca nel sito

Incontri

Fut Rem

 

.

 

Chi è online

 21 visitatori online