Dalla Corea ad Abete, il respingimento nel calcio italiano.

Gianni De Falco, direttore Ires Campania

 

In clima di campionato mondiale di calcio perdonatemi una riflessione sul dorato mondo di “Eupalla”1 a seguito di un discusso provvedimento che mette fuori dal “mondo” l’Italia (non bastava, evidentemente, l’eliminazione della squadra): la restrizione di ingaggio di extracomunitari nel campionato italiano.

Decisione adottata dall’acuto presidente della federazione Giancarlo Abete insieme al consiglio Federale della Figc (la Federazione calcistica nazionale), all’indomani, appunto, della disastrosa (e annunciata) eliminazione dai mondiali. Ci sono diverse analogie con il provvedimento adottato dall'Italia dopo il fallimento dei Mondiali del 1966 (Corea batte Italia 1 a 0, gol del dentista Pak Doo Ik e tutti a casa), quando la Federcalcio chiuse le frontiere agli stranieri.

La norma sul tesseramento dei calciatori extracomunitari fa parte di un pacchetto di misure per il rilancio della “specificità” del calcio italiano, approvato dal Consiglio federale. Un provvedimento necessario, a detta della Figc, per la valorizzazione dei vivai che trova in questa decisione uno dei tasselli per il rilancio dei settori giovanili. La vecchia delibera del Presidente Federale, datata 26 giugno 2009, consentiva infatti il tesseramento di un numero massimo di due extracomunitari per stagione calcistica, provenienti da un campionato estero. La nuova disposizione coglie impreparati quasi tutti i club di serie A, che attraverso il presidente di Lega hanno espresso tutto il rammarico del caso, denunciando un malessere generale.

La nuova regolamentazione annuncia il tesseramento di un solo extracomunitario, sempre in sostituzione di un altro giocatore non comunitario, e quindi senza possibilità di aumentare il numero attuale nell'organico societario (una sorta di “sportivo” respingimento). Tre sono i criteri per liberare il fatidico posto: la cessione all'estero, la scadenza di contratto e l'ottenimento del passaporto comunitario. Ovviamente, una soluzione esclude l'altra. Una decisione discutibile alla luce dei tesseramenti possibili nel resto d'Europa.

L'Italia, infatti, sceglie un provvedimento anacronistico, in controtendenza rispetto a quanto accade nell'Unione Europea.

Il nuovo regolamento va ad aumentare la differenza con campionati già più evoluti come Spagna (in semifinale) e Inghilterra, ma anche Germania (in semifinale), Austria, Belgio e Olanda (in semifinale).

Infatti nella Liga spagnola è possibile tesserare sei extracomunitari, mentre in Olanda e Belgio non è presente “nessun limite” anche se gli extracomunitari devono avere uno stipendio minimo di 420.000 euro lordi all'anno nella massima serie olandese.

In Germania, Francia e anche nella stessa Spagna viene applicato il cosiddetto “Accordo di Cotonou”. E' un accordo tra l’Unione Europea e settantasette Paesi di Africa, Oceania e Caraibi il quale prevede che «gli artisti e sportivi professionisti non possono esser sottomessi a nessuna quota discriminatoria per ottenere un contratto di lavoro».

Per riassumere, basta che un africano, un australiano o un caraibico giochi una partita con la sua nazionale e diventa un giocatore comunitario (equiparato). Questo accordo, naturalmente, l'Italia non lo applica.

In Inghilterra, non c'è nessuna limitazione. In Irlanda del Nord e Svezia non ci sono limiti di tesseramento per gli extracomunitari. Anche in un campionato “inferiore” come quello svizzero c'è la possibilità di tesserarne fino a dieci, in Austria sette.

La nuova disposizione della Figc testimonia quindi una chiusura “becera” verso gli stranieri, a differenza del resto d'Europa sempre più globalizzato ed al passo coi tempi.

La decisione è stata messa in discussione da tutti i presidenti delle società sportive. «Questa decisione lascia l'amaro in bocca e non risolve il problema» ha subito commentato il presidente della Lega di Serie A Maurizio Beretta.

Più netto e schietto il commento del vulcanico patron del Palermo, Maurizio Zamparini: «E' la più grande cavolata che si possa fare. E' un provvedimento fatto da incapaci. Chi ha preso questa decisione deve andare a casa».

L’impressione è che il provvedimento sia stato adottato da Abete e c. anche sull’onda e in ossequio di dichiarazioni provocatorie rese dal ministro Calderoli della Lega (quella che tifa Padania, che non canta l’Inno di Mameli, e che dichiara di usare il tricolore come carta per …).

Questa Italia provincialotta, di destra e razzista, fuori dal mondo e fuori di testa, con i tifosi che fanno «buuu…» ai giocatori di colore e che non li convoca in Nazionale per non inimicarsi le truppe di “tifosi” del più importante (una volta) club d’Italia, che dichiara al mondo che oltre quelle “azzurre” mummie viste in Sud Africa non ci sono altri campioni, che nomina ministro Brancher per evitargli i processi, che litiga su ogni cosa, che non ha più i suoi eroi Campioni del mondo ma più modestamente elegge eroe il mafioso Mangano…

Questa Italia merita l’eliminazione non dal solo Campionato di calcio, ed ha ragione Zamparini (ragazzi, a cosa sono ridotto…) che vadano a casa: Abete e Calderoli, Bossi padre e Bossi figlio, il Cavaliere e l’ex (finalmente) ministro Brancher, il senatore (per legittima difesa) Dell’Utri e il commissario tecnico Lippi... ma, per piacere, Dio salvi Quagliarella!!!

1 La dea che presiede alle vicende del calcio ma soprattutto, del bel gioco (dal greco Eu 'bene'). Divinità benevola che assiste pazientemente alle goffe scarponerie dei bipedi. (Gianni Brera, giornalista e scrittore).

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