La Campania: un laboratorio politico per il regime.

Gianni De Falco, direttore Ires Campania

Conviene prestare attenzione a quanto avviene in Campania, perché questa regione è un laboratorio, il luogo dove si sperimentano novità politico-istituzionali prima o poi esportabili al resto del Paese.

Ricordiamo che in questa regione è nata la forma politica più vicina, per molti aspetti, al berlusconismo: il laurismo!

Il laurismo è stato un fenomeno ambivalente. Da un lato può essere considerato una sorta di protoberlusconismo per il carisma del leader, la lotta ai «professionisti della politica», l’uso minaccioso dei media (Lauro fondò una delle prime tv private italiane, Canale 21), l’importanza del calcio con l’acquisto della squadra del Napoli e di campioni a suon di milioni (un nome per tutti: Jeppson, ‘o banco ‘e Napule). Dall’altro è il progenitore del gavismo e del bassolinismo. Gestione pura del potere.

Del resto, col passare dei decenni, Napoli è peggiorata, non migliorata. Una sequenza impressionante e significativa: destra, centro e sinistra hanno amministrato la città senza grandi risultati.

L’esperimento attualmente in corso in Campania, dopo le elezioni regionali dello scorso aprile, stravinte dalle destre del neogovernatore Caldoro, ha come obiettivo il declassamento della regione, da partner alla pari del patto repubblicano, ad una sorta di «protettorato», di provincia imperiale, non più in grado di governarsi autonomamente né, a maggior ragione, di concorrere alla definizione delle politiche e delle strategie nazionali.

Questo passaggio di status prevede, tra l’altro, il ricorso a soluzioni giuridiche prima impensabili, perché sono già tre i provvedimenti legislativi nazionali che non hanno portata generale ma valgono “solo” per il territorio campano: quello sui rifiuti (con l’arresto per chi abbandona rifiuti, ma solo in Campania); quello sulla moratoria degli abbattimenti delle case abusive ordinati dalla magistratura napoletana (affossato in extremis alla Camera, ma prontamente riproposto come emendamento alla finanziaria); e quello che prevede l’annullamento d’ufficio di tutte le delibere della giunta Bassolino che, a partire dal luglio 2009, avrebbero condotto allo sforamento del patto di stabilità.

Al di là dell’infrazione palese del dettato costituzionale, e della negazione pratica di ogni federalismo di bandiera, l’idea che sembra guidare il governo nazionale delle destre è che il drammatico scarto esistente in Campania tra territorio, legalità e diritti, non sia colmabile modificando la realtà con efficaci azioni di governo e politiche di sviluppo ma, più cinicamente, deformando le leggi ad hoc, adeguando gli standard di civiltà al particolare contesto territoriale e sociale.

In fondo, il vantaggio di un protettorato sta proprio in questo: nel poter allentare a discrezione i vincoli di legalità e coerenza, in una sorta di zona grigia nella quale, alla fine, non c’è più contraddizione tra il pugno di ferro di Maroni e il ghigno di Cosentino, il vero dominus del nuovo ciclo politico campano (consigliere in ombra o, come più recentemente sospettato, Bruto – tu quoque… - regista di trame liquidatorie ai danni di Stefano Caldoro).

Il risultato è che il povero Caldoro non governa, limitando il suo operato all’annullamento a tappeto di delibere e nomine della giunta Bassolino, giustificandosi non come farebbe ogni suo collega, in base ad un programma, o a precise prerogative costituzionali ma, piuttosto, trincerandosi dietro un articolo della finanziaria di Tremonti, che gli impone di revocare in tronco ogni decisione precedentemente assunta, buttando il bambino con l’acqua sporca, con tanti saluti ad ogni principio di continuità amministrativa. C’è molta, troppa demagogia in questo furore.

Bassolino, alla prima elezione da sindaco, ereditò una situazione ben più pesante di quella presente.

In un comizio, oltre a presentare una serie di innovazioni e di idee per la città (una rivoluzione cultural-politica) affermò: «Prendiamo sulle nostre spalle la città, e non vi diremo mai che la responsabilità dell’insuccesso è di chi ci ha preceduto».

Questo mi ha particolarmente colpito, a parte le molte (troppe) promesse non mantenute, ma questa in particolare si.

Una lezione di stile e di dignità politica, che pure va riconosciuta a chi ha guidato il lungo ciclo del centrosinistra in Campania, probabilmente la più grande occasione persa per accreditarsi agli occhi del Paese come forza riformatrice credibile.

Bisogna anche dire, però, che proprio Bassolino ha dato avvio a questa sperimentazione di «protettorato» con lo “sbracamento” (colpevole) sulla questione rifiuti e sulla loro gestione.

Caldoro (e/o Cosentino) completa l’opera… evidente anche ora nel prendere, in parte, le distanze (no scontro, si al dialogo costruttivo) – insieme con altre regioni governate dal centrodestra – dalla Conferenza Stato-Regioni nello scontro aperto con il Governo sui tagli previsti in Finanziaria.

I presidenti della Campania, del Lazio, della Calabria, dell’Abruzzo e del Molise richiamano l’attenzione, in considerazione delle pesanti e gravi eredità lasciate ai rispettivi territori dalle passate amministrazioni, che già li penalizzano, e a cui si sta facendo fronte con azioni di risanamento dirette e gestite da Roma. Sono queste le questioni sulle quali vogliono confrontarsi con il ministro Tremonti per verificare insieme le “soluzioni” migliori: in soldoni, ragazzi se ci mollate ora so’ dolori!

Con buona pace dell’autonomia e del federalismo che, è del tutto evidente, con questa classe politica, non avranno nessuna possibilità di affermarsi.

Berlusconi teme, a giusta ragione, l’accoppiata Errani – Formigoni, non certamente i “sudditi” di Campania, Lazio, Calabria, Abruzzo e Molise…

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