Il sorpasso.

 
Gianni De Falco, direttore Ires Campania

«La Cina è vicina!» Si diceva qualche anno fa a tono di minaccia o di avvertimento, ammonimento e presagio? La Cina è arrivata…

Il sistema economico internazionale registra in questi giorni il fatidico sorpasso della Cina ai danni del secondo colosso economico internazionale: il Giappone.

Il secondo trimestre della rendicontazione del Pil prodotto registra un valore di 1.339 miliardi di dollari a fronte di 1.288 miliardi di dollari prodotti dal Giappone.

D’altra parte la crescita media annuale del Sol Levante si è attestata, negli ultimi anni, tra lo 0,4 e lo 0,1% con una sostanziale stabilizzazione. Negli stessi anni la Cina ha registrato valori di crescita sempre attestati sulle due cifre, un vero e proprio record difficilmente eguagliabile.

La scalata alle classifiche dell’economia mondiale  della Cina è cominciata circa dieci anni fa ed ha registrato una serie di tappe di “avvicinamento” alla vetta: nel 2001 supera il Brasile; nel 2004 supera l’Italia; nel 2007 supera la solidissima, fino a quel momento, Germania; quest’anno si celebra il raggiungimento del secondo posto scalzando il colosso economico giapponese, che lo occupava stabilmente fin dal 1968.

Molti avanzano l’ipotesi che ciò sia dovuto alla debolezza, voluta, della moneta cinese, lo “yuan”, che facilita gli enormi volumi di esportazione dei prodotti nazionali. A ciò si aggiunga il rallentamento di crescita dell’economia giapponese e… il gioco è fatto.

In realtà, questo risultato viene raggiunto grazie ad una accorta politica di investimenti partita successivamente ai fatti di Tienanmen e che, nel 2008, ha visto varare una serie di iniziative di investimenti e di provvedimenti per un totale di ben 580 milioni di dollari. Questa politica ha dato quasi da subito i suoi risultati: nel 2009 la Cina ha, infatti, superato la Germania come primo Paese esportatore al mondo e, nello stesso anno, ha scavalcato gli USA nel mercato dell’automobile.

Alcuni “detrattori” rilevano che il Pil procapite della Cina si attesta a soli 3.600 dollari/anno, agli stessi livelli di El Salvador e dell’Albania - nazioni notoriamente non floride - assai lontani dai 46.000 dollari/anno degli USA e che la crescita cinese si accompagna a notevoli problemi di natura sociale: scioperi, forte disuguaglianza del reddito, bolla immobiliare e processi di delocalizzazione di imprese verso altri Paesi (principalmente verso il Vietnam), tuttavia l’economista indiano Arvind Subramanian, del Peterson Institute for International Economics, afferma che «mantenendo questi ritmi di crescita fra quindici o venti anni la Cina sarà in grado di superare il Pil prodotto dagli USA (quasi 15.000 miliardi di dollari)». E questo anche tenendo conto dei problemi che pure investiranno la società cinese nei prossimi anni: la crescita della forza lavoro, l’invecchiamento della popolazione e l’aumento dei consumi. Problemi che ha già conosciuto l’economia giapponese e che hanno prodotto il rallentamento dei tassi di crescita che conosciamo. Gli effetti calcolati sul tasso di crescita cinese portano Subramanian ad una ipotesi di crescita attestata al 7%, sufficiente, comunque, per il grande sorpasso agli USA.

Da Tienanmen in poi lo Stato cinese ha dato sempre più spazio al settore privato regolando e governando con estrema capacità le politiche industriali del Paese creando un vero e proprio modello di riferimento per i Paesi in via di sviluppo.

Un connubio tra capacità del Governo e di quelle del Partito (Comunista) a regolarizzare, seppure con estrema cautela, le trasformazioni sociali che si accompagnano a questa marcia inarrestabile di crescita economica a fronte di una centralizzazione dei poteri e di una sempre più avvertita necessità di autonomia delle province.

Il “grande sorpasso” al colosso USA sarà possibile anche in ragione di una ripresa economica americana ancora anemica e che, ad oggi, non si dimostra in grado di creare nuova occupazione.

Gli USA in questi anni hanno importato più di quanto non fossero in grado di esportare ed ha consumato più di quanto fosse in grado di risparmiare… un bel problema!

Tutto ciò ha reso il sistema americano estremamente fragile finendo per indebolirlo. A ciò si aggiunga il crescere sproporzionato del debito pubblico… e molti “imperi” sono finiti per questa ragione.

Il destino del Paese più indebitato del mondo, gli USA appunto, e del suo più grande creditore, la Cina appunto, appaiono per essere inevitabilmente intrecciati fino al punto che proprio la Cina è finita a difendere il dollaro, che al momento appare alquanto screditato, pur di difendere i propri interessi di creditore.

Ma quando un Paese perde il controllo dei soldi perde, inevitabilmente, anche la propria capacità di influenza politica e di libertà di azione.

E' questo il segnale che porta a credere alla possibilità, reale, del sorpasso cinese.

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