Un moderno welfare municipale

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Fondazione SUDD
Idee per la città… un moderno welfare municipale

La Questione sociale come questione strutturale dello sviluppo
Welfare, Etica e Mezzogiorno

Relazione introduttiva di Salvatore Esposito, Direttore Dipartimento Welfare Ires Campania

Ringrazio molto la Fondazione SUDD di questo invito, soprattutto apprezzo lo sforzo di questa iniziativa di  confronto partecipato su una serie di temi economici, sociali, urbanistici, culturali … in particolare sul nesso indissolubile che vi è  fra queste programmazioni strategiche.   

Premessa

Strategie di programmazione partecipata e di ascolto dei soggetti sociali hanno un senso anche quando si governa… non solo quando si è all’opposizione… i partiti del centro sinistra hanno molto faticato a proporre una seria riflessione sul Welfare. Proprio mentre tutti, tutti noi, eravamo in campo per essere all’altezza di un sistema di interventi e servizi adeguato ai bisogni bisognava ascoltare di più.
Vi è proprio un problema di capacità culturale dei partiti di mettersi in ascolto e di fare rappresentanza dei bisogni popolari e non dei gruppi di potere… vale per tutti, per l’intero blocco della rappresentanza politica.
Cercherò di essere sintetico e di soffermarmi solo sulle valutazioni più critiche del ragionamento lasciando la relazione base a disposizione della Fondazione SUDD e rimandando, per approfondimenti alla campagna e al documento nazionale del Terzo Settore e delle forze sociali in presentazione a Bologna nel prossimo novembre, “I diritti alzano la voce”, con orgoglio possiamo dire che dal Sud del Paese e da Napoli è stata tracciata la linea e la proposta base di una grande mobilitazione nazionale.

Dal burn-out alla disperazione.Quale approccio al sistema di welfare?

Dunque, non possiamo che partire da lì… dalla grande manifestazione degli operatori sociali  svoltasi giovedì scorso… sulla esigibilità negata dei diritti dei cittadini fragili e dei lavoratori… siamo al punto che l’operatore sociale subisce la stessa esclusione del cittadino che assiste …. A volte maggiore. Altro che flessibilità siamo alla liquidità del lavoro… Altro che burn-out… siamo alla disperazione perché:
  • gli operatori non prendono lo stipendio da alcuni mesi (anche sei sette mesi!!);
  • gli Enti Pubblici hanno ritardi insostenibili dei pagamenti a fronte di servizi già erogati (anche di 24 mesi!!!);
  • le banche non garantiscono oltre  i meccanismi tipici di  sfruttamento del debito finanziario;
  • la complessiva fruizione dei diritti sociali nel mezzogiorno ed in Campania è fuori dalla Costituzione, è fuori dall’Europa1, sta diventando un baratro culturale e democratico in cui la coesione sociale muore.

Mai due generazioni assieme erano state così povere e così escluse, così senza speranza.
Il peso fiscale rigido sul terzo settore annulla ogni possibilità di reggere un contratto di lavoro se la sussidiarietà pubblica non viene garantita da un flusso regolare di risorse.

Dunque l’approccio al sistema di Welfare che possiamo assumere (ce ne rendiamo subito conto facendo solo cento passi assieme  agli operatori della manifestazione di giovedì!! O vivendo un pomeriggio nei loro servizi…) può essere diverso, si può  partire sostanzialmente da tre punti di osservazione del sistema:

  1. dai processi macroeconomici internazionali e dalle leggi finanziarie, dai Piani Economici di gestione e dai capitoli di bilancio, dello Stato, delle Regioni e dei Comuni; 
  2. dalle leggi quadro, dalla potestà legislativa primaria delle regioni e dalla infrastrutturazione sociale territoriale, dai Piani Sociali nazionali e regionali, dalla definizione dei LEA e dei LIVEAS a livello nazionale e regionale; 
  3. dalla definizione dei diritti costituzionali e sanciti dalle carte europee ed alla verifica del loro effettivo esercizio,  della loro effettiva esigibilità; dalla vita, dunque, dalla qualità della vita  degli operatori e dei cittadini  delle comunità di popolo che realmente fruiscono o non fruiscono delle protezioni sociali pubbliche.

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La verità è che questi saperi devono essere integrati, questi approcci non possono essere divisi, queste qualità di ragionamento sono indissolubili… e bisognerebbe mettere assieme, ricercatori di varie competenza,  dirigenti pubblici, operatori sociali e cittadini-utenti e cittadini-operatori come insegnano i fondamentali processi istituzionali e gestionali del federalismo, a costituzione invariata,  quello dopo la modifica del titolo V, e quello dopo la legge 42 del 2009 fondato su: il  decentramento, la sussidiarietà, la trasparenza e la partecipazione.

 
Crisi della finanziarizzazione globale
Come stiamo vivendo questo tempo e qual è l’orizzonte di senso del nuovo secolo
?

La crisi del capitalismo ha prodotto un complessivo processo di impoverimento delle persone e delle comunità. Lo viviamo tutti sulla nostra pelle.
Le sorti magnifiche e progressive dell’autoregolazione liberista sono franate nel riconoscimento generalizzato – dal Wall Street Journal al parlamento americano,  dall’Unione Europea ai ministri economici dei Paesi più industrializzati – della necessità dell’intervento dello Stato e dei governi per sostenere con risorse pubbliche (le tasse dei cittadini) industrie, risparmiatori e potere di acquisto dei “consumatori”.
In particolare i governi europei stanno mettendo risorse negli ammortizzatori sociali e nel sostegno al reddito e all’occupazione per non rendere strutturali e socialmente insostenibili i processi di impoverimento della classe media sommati all’esclusione sociale delle sempre più estese fasce di povertà assoluta delle famiglie.
In fondo ancora una volta si sostengono i poveri non per il loro sacrosanto diritto al ben-essere ma per prolungare la loro potenzialità di ben-avere di consumatori a sostegno del sistema produttivo ed economico.
Negli ultimi anni il liberismo senza regole “ha consegnato alla finanza fette sempre più consistenti e succose del bene comune, quali servizi pubblici privatizzati e trasformati in macchine da soldi al fine di creare valore per l’azionista […] ha eroso i salari e la protezione sociale, costringendo migliaia di persone a indebitarsi per preservare il proprio potere d’acquisto, a investire in borsa o nelle assicurazioni per pagarsi l’istruzione, la casa,  prepararsi una pensione […] I tagli nel campo delle tutele sociali hanno prodotto e favorito la finanziarizzazione sfrenata […] si è creato il rischio per incoraggiare misure cautelative […] poi la bolla speculativa si è gonfiata con l’elio dell’ideologia del mercato […] fino al crack e al tracollo di tutto il sistema […]2
Un qualsiasi ragionamento sul sistema di welfare non può prescindere da questa dinamica socio-economica e dai problemi di democrazia e di sostenibilità dello sviluppo che pone.

Impoverimento materiale

Viviamo un impressionante impoverimento delle famiglie. La dignità del ceto operaio e del ceto medio  si sta dissolvendo in una perdita di potere di acquisto impressionante. Basta guardare i rapporti sulla povertà:3 sacche di povertà che coinvolgono il 22,5% delle famiglie con una incidenza quattro volte superiore a quella del resto del Paese. Il 28,3% delle famiglie campane al di sotto della soglia di povertà. Perdita sulle possibilità di consumo e sul tenore di vita… difficoltà diffuse sui  mutui.

Impoverimento immateriale

Ma vi è una povertà forse ancora più grave anche se meno visibile che riguarda non solo la mobilità sociale bloccata sulla ricchezza ma quella sulla conoscenza, sulle possibilità di emancipazione sociale.
Il Diritto alla conoscenza (che negli anni 70-80 si era, in parte, re-distribuito e  aveva dato, per la prima volta, al ceto medio-operaio la possibilità anche di emanciparsi attraverso lo studio dei figli, la emancipazione culturale di una nuova generazione) si è ridotto, si è fermato e sta diventando la selezione più brutale del nuovo secolo.
Quella forma di re-distribuzione è crollata!!! Non c’è più speranza di mobilità sociale sulla conoscenza ed in generale sui diritti di nuova generazione.

Questione sociale e sviluppo

In questo quadro globale ed attuale di problemi, di crisi e di valori di riferimento, come si affronta la questione sociale?

  • Se si pensa allo sviluppo come sistema consumistico ed economicistico fondato solo sul prodotto interno lordo (PIL) la qualità della vita dei cittadini e il welfare di comunità che la determina è solo una variabile dipendente a cui pensare quando c’è un residuo di risorse/ricchezza da spendere. Politiche sociali deboli per i deboli e solo in condizioni di crescita.
  • Se si pensa, invece, ad uno sviluppo sostenibile per l’umanità fondato sull’indice di sviluppo umano (ISU ) come raccomandato da tutti i rapporti ONU sullo sviluppo umano e dall’OMS allora il welfare è la condizione dello stesso sviluppo economico non una sua variabile dipendente. Le politiche sociali diventano politiche forti ed universalistiche per garantire coesione sociale quale condizione primaria della crescita, anche e soprattutto in condizioni di crisi.

Sviluppo insostenibile (ineguaglianze denunciate dall’Onu) ed indivisibilità dei diritti (Costituzione Sociale).

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Essere di sinistra ed essere di destra rispetto al Welfare

Su questa materia il libro verde del ministro Sacconi4 prima e poi in generale le politiche sociali del governo Berlusconi elaborano  una proposta declinata sulla mera dichiarata efficienza tecnica, in un quadro, da un lato di privatizzazione dei sistemi di protezione sociale e salute pubblica e, dall’altro, di primaria compatibilità di politiche di bilancio piuttosto che di esigenze dei diritti delle persone. Tagli allo stato sociale, appunto perché non vi sono più margini di crescita e sviluppo. Nella impostazione generale del documento governativo vengono  completamente ignorati i processi di immigrazione e mai una volta viene citata la prima legge quadro del Paese sui diritti sociali, L. 328/2000, che pure ha prodotto una straordinaria infrastrutturazione di servizi ed interventi  che va monitorata, per le positività come per le criticità, nelle diverse realtà regionali del Paese.
I livelli essenziali di assistenza sociale (LIVEAS),  diventano un set tecnico di indicatori.
Il bisogno fondamentale da diritto sociale a cui dare, secondo standard  europei riconosciuti, una risposta universalistica si trasforma in un parametro tecnico da  gestire con la privatizzazione efficientistica tout-court, con buona pace del terzo settore e del no profit e dei diritti dei lavoratori del welfare.
I tagli agli Enti Locali, alla Scuola, ai diversi fondi sociali determinano una depauperazione delle politiche strutturali a vantaggio di elargizioni caritatevoli ed insufficienti (card sociale),  oggetto di spot promozionali tanto ideologici quanto ingannevoli.
Le politiche caritatevoli assistenzialistiche sono dentro una logica di sicurezza sociale fondata solo sulla repressione.
La nuova sicurezza è la guerra dichiarata agli obiettivi fragili, ai senza dimora, ai rom e agli immigrati.
Il loro bisogno di giustizia e il loro diritto all’esistenza ad una buona aspettativa di vita per i loro figli, i loro sacrifici e le loro sofferenze trattati come capricci di vagabondi internazionali. L’ideologia protezionistica e razzista inquadra le migrazioni come accaparramento fraudolente di italiche risorse, senza rispetto della loro straordinaria funzione sociale, del bisogno di tante famiglie e di tante imprese del loro prezioso lavoro, senza pudore per la nostra stessa profonda storia di emigrazione.
Si assume nello stesso tempo, senza decenza culturale,  l’ossequio verso la globalizzazione dei capitali finanziari e l’ostracismo verso quella del capitale sociale umano. Si possono sfruttare le risorse e la forza lavoro in ogni parte del mondo da parte del capitale ma le genti non devono passare i confini delle nazioni per avere una sostenibile aspettativa di vita da cittadini comunque massimamente impegnati nei lavori più umili e pesanti.
In questo difficile quadro di politiche sociali nazionali, in questo processo diffuso di depauperamento complessivo delle famiglie, in questo avanzare a macchia d’olio di cassa integrazione a 700 euro mensili, in questa perdita vera di sicurezza e di futuro nella fragilità di lavori precarissimi e nei nuovi pesanti attacchi al contratto collettivo nazionale di lavoro assistiamo anche alla deflagrazione di una unitaria risposta sociale di opposizione.
Ma si è registrato anche  a deficit strutturale nelle proposte dei trascorsi governi di centro-sinistra:

  • FNPS comunque inadeguato e non per quota capitaria5
  • Legge quadro 328 lesa fortemente negli aspetti di garanzia dei LIVEAS
  • Politiche regionali inadeguate dopo il grande sforzo della 285/’97
  • Reddito Minimo di inserimento annullata da una completa assenza di politiche di contrasto alla povertà

Rosy Bindi e Livia Turco sono stati due grandi ministri… per capacità programmatorie e per coerenza applicativa dei sistemi regionali ma la filosofia del governo generale è rimasta economicistica, sviluppista e non sociale non solidale, non centrata sul lavoro e non sui diritti, fortemente contaminata da logiche di potere e di tipo clientelare …

È assente la politica

La responsabilità verso il bene comune cerca regole certe e generali , accordi sindacali unitari, coesione  su produttività d’impresa e qualità sostenibile della vita lavorativa, patti sociali universalistici e dignitosi.

Lo sguardo lungo del potere autoritario, invece, divide e parcellizza il conflitto, spezza le comunità di popolo, contrappone interessi minimi, gioca al ribasso delle garanzie civili e sociali, mettendo occupati fragili contro disoccupati certi, poveri contro poverissimi, tutti attaccati alle  miserie umane dei reality e delle lotterie.
È assente la politica. Soverchiata dalla questione dell’etica della responsabilità, resa afasica da una strutturale incapacità di rinnovamento, rannicchiata nelle pieghe di poteri clientelari trasversali e collusi con le camorre. Nessuno può negare che le speranze ed il lavoro di tante donne e uomini di buona volontà sono state seriamente fiaccate da un deficit culturale grave di governo e di opposizione, di merito programmatico e di idealità.
C’è speranza ma bisogna partire da uno straordinario processo di consapevolezza critica e da una nuova pedagogia sociale fondata sulla coerenza dei comportamenti e sulla testimonianza.6  Nessuna lista civica ci salverà, e purtroppo nessuna Fondazione, senza una nuova fecondità dei valori e dei principi delle idealità costituzionali, attraverso i partiti ed oltre i partiti.

Il governo territoriale e municipale del welfare
Quale responsabilità istituzionale  e politica può venire dalla programmazione degli Enti locali attraverso i processi di decentramento e di sussidiarietà verticale ed orizzontale?

La regione Campania ha avuto alcuni  grandi meriti e, allo stesso tempo, prima ancora della vittoria del centro destra, grandi capacità autodistruttive.

  • la più grande infrastrutturazione sociale mai fatta nel Mezzogiorno… lo stesso Vendola stava indietro rispetto a noi. (cosa fatta quando era Assessore della Regione Campania era Adriana Buffardi);
  • la legge sul reddito di cittadinanza come una anticipazione di una normativa quadro nazionale;
  • La legge regionale sulla dignità e la cittadinanza - L.11/’07, firmata da me come dirigente;
  • Ed un libretto rosso straordinario che si chiama Verso il piano sociale regionale scritto rigo dopo rigo dal team degli operatori sociali regionali, di cui la Giunta e l’assessore non hanno assunto mai consapevolezza politica vera, con straordinarie innovazioni strutturali.

Lascio in dono alla Fondazione SUDD questo documento molto sottovalutato, firmato dal Presidente Bassolino
esposito5_tMolto di questo lavoro è stato buttato a mare o almeno depotenziato dalla stessa giunta di Centro Sinistra degli ultimi anni e con il riordino delle AASSLL. Faccio esempi e cito documenti  amministrativi7 ed economici.8
E poi… il primo Piano Sociale Regionale  previsto dalla nuova L.11/’07 sta diventando, anche con il governo di Centro destra, una occasione straordinaria definitivamente persa.
Un PSR, per la potestà legislativa primaria data alle Regioni in questo campo, deve assumere esplicitamente i principi costituzionali e delle carte europee  che declinano i bisogni fondamentali delle persone come diritti di cittadinanza, le politiche sociali come politiche forti, il welfare come condizione dello sviluppo.
Il mancato richiamo ai valori forti delle politiche sociali è sostanziato nella mancanza della proposta economica strutturale. Come si fa a chiedere ai Comuni un aumento del finanziamento dei Piani Sociali di Zona  a 7 euro di quota capitaria senza definire uno standard altrettanto certo per la stessa Regione che ha titolarità di programmazione strategica?9

E, nel merito, è possibile che il Fondo Sociale Regionale istituito con l’articolo 50 della L.R.11/’07 non sia, per la parte di competenza regionale, strutturalmente definito ed almeno proporzionato a quanto si impone ai Comuni, proprio per assicurare il rispetto dell’art. 58 che tende a garantire entro il 2010 tutte le prestazioni previste dalla legge? Come è possibile non fare alcun cenno al finanziamento della obbligatorietà delle misure della  integrazione socio-sanitaria previste con l’art.37.10
Così come non si comprende il dis-allineamento dei distretti sociali e sanitari determinato la razionalizzazione degli ambiti distrettuali delle nuove Aziende sanitarie locali.
esposito6_tIl centro destra sta facendo molto peggio nel senso di stare a fare semplicemente nulla, mancando di ogni elementare idea di programmazione e trascinando le responsabilità dirigenziali tutte in questo baratro culturale ed economico storico.
Insomma la L.R.11/’07  ed il suo atteso PSR stanno definitivamente  mancando l’obiettivo di rendere le politiche sociali della Campania politiche strutturali e forti, innovative e legate ai bisogni fondamentali delle persone. Soprattutto non possono mancare l’occasione di elevare questi bisogni al rango di diritti, per la qualità della vita delle persone, per un nuovo patto di cittadinanza fra cittadino utente e cittadino operatore.
I decisori degli equilibri finanziari regionali devono trattare le politiche sociali come politiche di sviluppo, altrimenti non saranno all’altezza della sfida progressista, meridionalista e di emancipazione democratica, che pure dichiarano.

Napoli città sociale…

Tutto ciò ha una diretta ricaduta su Napoli, la città che, unica in Italia poi copiata da Roma, si è dotata, anticipando la legge 328/’00, del primo piano regolatore sociale di una grande città, approvato senza alcun voto contro, in uno storico consiglio comunale.
Tanto altro lavoro è stato fatto da quella fase anche dalla Giunta Iervolino, in particolare per i migranti, senza disinvestire nelle risorse economiche nonostante i tagli insostenibili nei trasferimenti statali ed i ritardi altrettanto insostenibili nei trasferimenti regionali.
Eppure quanto lavoro da poter fare ancora, a livello municipale, in particolare sui tempi di assegnazione delle risorse finanziarie ai soggetti della sussidiarietà orizzontale che costituiscono l’asse strategico dei servizi sociali cittadini. Questa realtà non si può negare. Basta leggere Agorà Sociale di luglio-agosto 2010, sulla crisi delle politiche sociali: Chiusura del Centro Gridas, il palazzetto Urban tolto alla Associazione Quartieri Spagnoli e chiusura di tutte le attività sociali e di educativa territoriale, la Casa dello Scugnizzo (crediti di 90 mila euro dal Comune - i cinque operatori da otto mesi senza stipendi)  e l’Associazione Jonathan costrette alla chiusura dal ritardo cronico dei pagamenti.
È possibile che non si trovi una forma amministrativa alternativa all’inserimento delle risorse finanziarie sociali nel vincolo strutturale della tesoreria unica comunale con tutti le conseguenti difficoltà che stanno ormai  rendendo insopportabile,  per la vita stessa degli operatori sociali, il ritardo dei pagamenti dei servizi resi ai cittadini.

Si può e si deve trovare un percorso gestionale ed  istituzionale che salvi l’autonomia delle risorse finanziarie sociali in forme di entrata ed erogazione vincolate e separate da quella unica della tesoreria generale. E bisogna fare presto.
Tanti di noi, senza alcun delirio o vanto, hanno lavorato nei campi rom, nei quartieri più difficili, con le famiglie più povere, con i ragazzi di strada più esclusi. Da tante esperienze di eccellenza sono venute teorie e prassi accolte nel Paese ed in Europa come  modelli di eccellenza. Abbiamo risorse umane pubbliche e del terzo settore di grande qualità, una storia da salvare, una dignità da difendere. Una partecipazione vera da rilanciare.
C’è una criticità, io penso, e qui sono d’accordo molto con il Professore Marani rispetto anche al modello economico della città, e riguarda la mancanza di un disegno strategico condiviso, l’aver inteso spesso la co-progettazione decentrata come co-gestione accentrata. In verità poco respiro politico strategico. Bisogna parlare con gli operatori sociali per rendersene conto.
E se gli operatori sociali arrabbiati possono essere poco attendibili si possono consultare le ricerche più asettiche.11
L’88,4% ritiene il clientelismo politico una variabile negativa sulla programmazione/gestione del territorio nelle politiche sociali,  il 57% la incapacità tecnica dei programmatori, ad altri dati assai interessanti per capire l’impatto delle politiche pubbliche territoriali.

Che fare?
Quale riforma strutturale delle politiche pubbliche di welfare di comunità?

Una riforma strutturale di politiche sociali pubbliche, nazionali e locali, coerente con la tradizione dello stato sociale europeo, con i principi universalistici e i diritti di cittadinanza sanciti dalla nostra Costituzione, dalle Carte Internazionali dell’ONU e dell’OMS, si realizza garantendo il raggiungimento di 5 obiettivi generali strategici:

  1. la definizione di risorse finanziarie adeguate, da calcolare per quota capitaria, per garantire i livelli essenziali di assistenza. La copertura finanziaria di questo welfare strutturale è certamente possibile sia riformulando le priorità dei capitoli della legge finanziaria (cfr. Spesa sociale e di guerra degli ultimi anni a confronto: un solo caccia in costruzione vale quanto tutto il fondo per la non autosufficienza) sia attingendo dalla tassazione generale informata ai criteri di progressività (Cost., art. 53), a livello generale e locale;12
  2. la determinazione, per normativa quadro nazionale e relativi dispositivi regionali, degli standard di risorse umane dedicate ai servizi sociali territoriali;
  3. l’individuazione dell’Unità Territoriale di Base quale distretto territoriale omogeneo per la programmazione e l’attivazione delle politiche sociali, sanitarie, formative e del lavoro;
  4. l’affermazione di strategie di personalizzazione dei programmi sociali, formativi e socio-sanitari, (risorse legate ai bisogni) non solo per compensare e contrastare i processi di esclusione delle fasce più fragili della popolazione, ma anche per garantire la qualità della vita e l’agio dei bambini, dei giovani e degli anziani;
  5. la definizione, dopo le esperienze del Reddito minimo di inserimento, a livello nazionale, e del reddito di cittadinanza, a livello regionale, di  una misura universalistica ed europea di contrasto alla povertà nel nostro Paese.

esposito7Un federalismo senza equa distribuzione delle risorse rispetto ai bisogni, senza una garanzia universalistica dell’effettivo esercizio dei diritti si trasforma in una localizzazione delle povertà più diverse materiali ed immateriali e trasforma i cittadini destinatari dei servizi in clienti territoriali con diverso ineguale accesso  ai diritti.
Una sussidiarietà verticale senza trasferimento di risorse ed una sussidiarietà orizzontale senza  co-progettazione si trasformano  in municipalismo selvaggio senza regole.
Il confronto fra le quote capitarie assegnate alla programmazione dei servizi sociali nel nostro Paese è la cartina di tornasole di questa grande ingiustizia costituzionale,13 e la conferma che le Autonomie dei governi locali senza regole generali di contribuzioni fiscali eque rischiano di  generare solo contrapposte regioni a ritardo di sviluppo, senza reale emancipazione e profonde diuguaglianze.

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Conclusioni

La questione sociale e la questione della sostenibilità dello sviluppo, la questione etica e la questione del lavoro non sono più  separabili.
Il conflitto del mondo del lavoro e dei lavori è là ancora davanti a noi , non certo sopito e non più solo. Vi è il femminismo, l’ecologia, e, appunto,  le buone pratiche sociali.
C’è bisogno di una nuova qualità di egemonia culturale, oltre il potere dei governi ed il governo dei poteri: la responsabilità verso il futuro.

I lavoratori del welfare, i lavoratori dei servizi pubblici e del terzo settore, i lavoratori dell’industria, i lavoratori della comunicazione devono parlarsi e mobilitarsi su un patto per il futuro.
Il diritto a dormire dell’operaio di Melfi, il diritto all’ammortizzatore sociale dell’operaio a tempo indeterminato di Pomigliano , il contratto collettivo nazionale dei lavoratori  sono strettamente connessi con il diritto all’assistenza sociale e ad una condizione di lavoro dignitosa degli operatori del terzo settore.14
Il lavoro, la dignità del lavoro, è la vera forza creativa e di realizzazione di ogni persona nei confini dei suoi spazi vitali, relazionali, sociali, urbanistici, locali e globali.
Sul lavoro e sui lavoratori sono nate e resisteranno le democrazie. E nelle democrazie il welfare.

Salvatore Esposito 

[intervento al seminario della Fondazione Sudd: “idee per la città …un moderno welfare municipale” | martedì 19 ottobre 2010]

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 1 Cfr. Carta Sociale Europea (Strasburgo 3 maggio 1996) rispetto alla indivisibilità e all’esercizio effettivo dei diritti sociali. [torna su]
2
Serge Halimi, Pensare l’impensabile, Le Monde Diplomatique, supplemento de il manifesto, n.11, nov.2008, p.1. [torna su]
3 Svimez, Rapporto sull’economia del Mezzogiorno, il Mulino, Bologna, 2010. [torna su]
4 Ministero del lavoro, della salute e delle politiche sociali, La vita buona nella società attiva, Libro verde sul futuro del modello sociale, 2008. [torna su]
5 Cfr. S. Esposito, Resistenza e Cittadinanza, Comunità Edizioni, 1996. [torna su]

6 Cfr. S. Esposito,  “Scegliere fra responsabilità e potere”, in Una sinistra di popolo per un popolo di sinistra, Officinae ECS edizioni, Napoli,  2008. [torna su]
7 Cfr. Regione Campania, Verso il Piano Sociale Regionale, Il sistema di welfare della Regione Campania, Linee guida triennali 2007 - 2009, DGRC 1403/2007. [torna su]
8 Cfr. Bilanci regionali gestionali 2007, 2008,  2009,  2010.  UPB 4.16.41 cap. 7874 - (Cfr. Allegati) [torna su]
9 Cfr. Progressione di finanziamento del capitolo 7874 UPB 4.16.41 dal 2007 al 2010. [torna su]
10 Cfr. art. 37 della LR11/’07: “La Giunta regionale, […] individua le tipologie delle prestazioni sociosanitarie compartecipate nonché la ripartizione degli oneri finanziari tra enti locali, ASL e utenti sulla scorta della ricognizione effettuata  annualmente dagli assessori competenti, individua  tra le risorse regionali i fondi da appostare su un capitolo della spesa dedicato e denominato: spesa compartecipata – livelli essenziali di assistenza – decreto del Presidente del Consiglio dei Ministri 29 novembre 2001”. [torna su]
11 Cfr. Ricerca CSV di Caserta sull’impatto delle 320/’00 sulle realtà municipali e sulle aree metropolitane. [torna su]
12 Cfr. S. Esposito,  Resistenza e cittadinanza. Welfare di comunità e diritti universali nell’Europa sociale dei popoli, Comunità Ed., 2006, p. 22  e Decreto legislativo 85 del 2010  - attuativo della legge 42 del 2009 sul federalismo. Dati a confronto. [torna su]
13 Cfr. Dora Gambardella e Rosaria Lumino, “Federalismo, Mezzogiorno e diritti di cittadinanza”, Agorà Sociale, n. 4, luglio 2010. [torna su]
14 Cfr. S. Esposito, Resistenza e cittadinanza, Comunità ed., Roma, 2006, p. 64. [torna su]

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