Tre modelli per la città del futuro

Metropolis_pLe tendenze delle elezioni amministrative al Comune di Napoli si delineano secondo modalità in parte rappresentative del quadro politico nazionale ma in parte peculiari. Così come per il quadro politico italiano Napoli ripropone l’attuale scacchiera di aspirazioni, di contrapposizioni e di rapporti di forza: quattro candidature rilevanti, delle quali un paio speranzose di arrivare al successo e le altre due fiduciose di risultare decisive negli apparentamenti che, inevitabilmente, seguiranno se si dovesse giungere al secondo turno.

E risulta chiaro, come d’altro canto succede in Parlamento, che la capacità di condizionamento delle due forze più rilevanti sarà funzione diretta del grado di successo dei due candidati meno forti. Ove si dovesse arrivare al secondo turno, con gli schieramenti di Lettieri e di Morcone in pole position, le fortune elettorali di de Magistris e di Pasquino saranno condizionanti nella scelta del nuovo sindaco. Del quadro politico nazionale Napoli eredita una seconda caratteristica: l’indisponibilità della compagine centrista a smarcamenti espliciti dal centrodestra e l’incapacità della sinistra (o del centrosinistra) a generare candidature e programmi unitari. Secondo proporzioni conflittuali rigidamente rispettate Di Pietro sta a Bersani così come De Magistris sta a Morcone. E per coloro che propendono verso quella latitudine politica c’è poco da stare allegri. Ma, oltre le continuità con il quadro nazionale, si staccano gli elementi peculiari, tanto più peculiari, quanto incredibilmente insufficienti si evidenziano i risultati dell’attuale giunta comunale. La prima, macroscopica, specificità è il reinserimento di Napoli nel consesso delle città civili. E ci pare che una simile collocazione sia vagheggiata dai candidati con modalità distintive del tutto differenti. A quale modello di città si punta? Un primo modello è quello della città agevolata: è indubbio che una sintonia del quadro politico napoletano con quello nazionale costituirebbe, secondo un modello che fatichiamo ad accettare, un viatico verso una maggiore “generosità” di Roma. Ne hanno usufruito le amministrazioni di Catania e di Roma, città beneficiate indebitamente dei fondi per le aree sottoutilizzate che consentirebbero al Comune vincoli di spesa meno drammatici di quelli attuali. Si porterebbe così a compimento una linea Governo-Regione-Provincia-Comune, la cui unitarietà è più elemento di preoccupazione che di rassicurazione, per i suoi inevitabili effetti sulle politiche di welfare e d'inclusione sociale, sulle cubature nella zona orientale e in quella occidentale, per l’enfasi posta sul centro urbano piuttosto che sulle periferie. A questo modello pare contrapporsene un secondo, quello della città amministrata. La sinistra “storica”, rimossa con disinvoltura la cattiva saga delle primarie, tende verso un modello duttile di buona amministrazione, forse più attento alla funzionamento della macchina della burocrazia che alle grandi ambizioni strategiche. I fallimenti e i ritardi, sembrerebbe il messaggio, sono figli dell’incapacità e non di nodi politici. La città amministrata sconfessa, nei fatti, i limiti di efficienza e di competenza di quella attuale, ma ne mantiene in piedi la filosofia di arduo ecumenismo tra bisogni e interessi spesso contrapposti. In quest’ottica, ad esempio, non parrebbe impossibile coniugare, ai suoi sostenitori, costruzione dell’inceneritore nella zona orientale e misure a favore delle periferie disagiate. L’ultimo modello, alternativo a quello della sinistra tradizionale, è costituito dalla città partecipata proposta dalla sinistra radicale. Esso propone forme di partecipazione e mescola elementi di radicalismo e di critica appassionata ai poteri forti, dei quali, probabilmente, sottostima le capacità di contrapposizione e di interdizione. Saranno i risultati elettorali a decidere quale di questi tre modelli tenderà a prevalere in futuro: di certo le performance e le distanze relative tra i due candidati di (centro) sinistra saranno significative di quelle che avrebbero potuto essere delle vere primarie e di quanto sarà complicata la mediazione a sinistra per un probabile secondo turno. Vi è tuttavia da sperare che questa mediazione sia rinvenuta: in fondo anche il più perverso dei masochismi incontra dei limiti nell’autosomministrarsi sofferenza.

 

Ugo Marani
La Repubblica Napoli | giovedì 12 maggio 2011

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