Regione, più coraggio: Caldoro chieda la patrimoniale

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Che piaccia o no nel Mezzogiorno, Tremonti è il ministro più coerente con il commissariamento comunitario della politica economica italiana. Vi è da chiedersi, invece, se Caldoro, e la giunta che egli presiede, costituisca il rappresentante regionale più idoneo per la minimizzazione in Campania dei costi della manovra finanziaria del governo. Partiamo dal primo: Tremonti coniuga, per il nostro paese, la filosofia sociale che, in questi tempi di crisi, impera sull’Europa e, segnatamente, Berlino e Parigi, con la benedizione esplicita della Banca centrale europea.

Si tratta di una filosofia concentrata, esclusivamente, sul contenimento dei disavanzi e dei debiti pubblici nazionali, ritenuti esplosivi, se si esclude la Grecia, non tanto per l'ammontare delle cifre in se stesse, quanto per la perniciosa delega che la Banca centrale europea ha, di fatto, affidato ai mercati finanziari e alle agenzie di rating. Si tratta di una delega che supplisce all’inesistenza di una seria governance comunitaria delle politiche fiscali degli Stati membri e che affida a istituzioni del tutto compromesse nella crisi finanziaria statunitense, come ci ricordava su questo giornale Paul Krugmann qualche giorno fa, la valutazione del grado di affidabilità degli Stati sovrani. Società private scacciate dalla porta di Wall Street rientrano dalla finestra di Francoforte a ricordarci quanto l’Italia debba iniziare a essere virtuosa. E la lucida follia comunitaria detta le regole del gioco e i saldi di bilancio al governo italiano, priva di quella lungimiranza strategica che l'asse franco-tedesco riusciva a esprimere solo qualche lustro fa grazie alle interazioni tra Kohl e Mitterand e alla subalternità che la stessa potente banca centrale tedesca era costretta a subire. Oggi, ahimè, le politiche comunitarie, che non supererebbero il vaglio di alcun referendum nazionale, riescono a formulare indirizzi concreti su tre soli temi: contenimento del disavanzo pubblico, preferibilmente tramite un taglio della spesa; estensione e massimizzazione delle liberalizzazioni; contenimento del costo del lavoro e ridimensionamento dei meccanismi normativi di tutela. Non è questa la sede più idonea per informare il lettore delle modalità con le quali in Europa è, di fatto, stabilita l’urgenza dei piani di rientro nazionali, modalità determinate dalle contrattazioni e dagli andamenti di derivati finanziari quali i sovereign default swaps e dai giudizi interessati delle agenzie di rating. A noi, piuttosto, interessano gli effetti a cascata che derivano dalla manovra nazionale sulle regioni, sugli enti locali e sul Mezzogiorno. Si è detto che, di siffatta Europa, Tremonti rappresenta il ministro nazionale più coerentee organico: medesima enfasi sull’urgenza del rientro, determinazione apparentemente oggettiva e pateticamente professorale dell’ammontare di tagli necessari, disinteresse per interventi selettivi e per misure compensative per bassi redditie territori svantaggiati. Non è un caso che la Commissione Europea e le cancellerie europee lo considerino l’unico interlocutore italiano affidabile. Ognuno fa il suo mestiere e dunque anche gli enti locali destinatari della mannaia tremontiana dovrebbero fare la loro. Sta capitando che qualcuno lo faccia: numerosi presidenti di Regioni e sindaci organici ai partiti di maggioranza esprimono, responsabilmente, perplessità sulla ricaduta che la manovra, ove fosse così votata, avrebbe sui propri territori e la necessità di qualche atto di chirurgia sociale, sia pur timidamente accennato. La Regione Campania ha invece deciso di partecipare al gioco del giorno: a saldi di contenimento pubblico dati, si esprime, tra le manovre proposte, quella preferibile. Le possibili manovre di tagli riguardano, come il subissato lettore ricorderà, le seguenti categorie: costi della politica, patrimoniale una tantum, contributo di solidarietà dei redditi più elevati, incremento dell’Iva, taglio dei trasferimenti agli enti locali, modifica del regime pensionistico. A questo terribile gioco della torre, nel quale, si badi bene, le premesse europee e nazionali rimangono sempre rigorosamente indiscusse, anche il nostro esecutivo regionale partecipa, con una posizione tra le meno incisive: si minimizzino i tagli agli enti locali e si aumenti (sic) l’Iva sui prodotti di consumo. Che la nostra economia non fosse guidata da cuor di leoni ne avevamo il sospetto: ci è capitato in passato di esprimere al lettore le nostre riserve su come la vicenda dello sforamento del Patto di stabilità regionale fosse stata trattata; più recentemente avevamo sollevato il problema (ancora attuale) della perdita dei fondi comunitari; oggi, francamente, si sta sfiorando il surreale. Il nostro presidente regionale suggerisce, per mantenere inalterata una sia pur parziale destinazione dei fondi, che sia aumentata l’Iva, come se i nostri corregionali soffrissero di illusione monetaria: parte dei redditi nominali sarebbero trasferiti egualmente, ma poi il maggiore livello dei prezzi potrebbe inesorabilmente eroderli. Come sagacia economica non c’è male. Se il nostro presidente ha ritenuto politicamente conveniente partecipare al gioco della torre dei tagli esprima, allora, un parere minimamente più coraggioso: chieda al governo, come ha paradossalmente proposto Luca di Montezemolo, che parte dei maggiori introiti si formino tramite la tassazione dei redditi più elevati o, se vuole, tramite un patrimoniale secca. Una simile proposta denoterebbe, oltre che un sincero spirito di tutela per i redditi inferiori, una maggiore conoscenza della regione, impregnata di redditi fiscalmente elusi o evasi, di ricchezze dubbie, di professionisti milionari poveri, di file agli attracchi di Mergellina e di Bagnoli. Si chieda che un terzo di ogni euro esatto sia destinato alle politiche giovanili e alle infrastrutture, alla formazione (quella vera) per tentare di coniugare, sperando che si possa e come Tremonti non osa, rigore e crescita. Forse non basterà, poiché il peso nazionale dei nostri politici è irrimediabilmente ridimensionato, ma si esprima un auspicio di policy coerente con i fabbisogni e le urgenze della regione. Non si scommetta solo sulle incapacità di un’opposizione politica confusa e incongruente.

Ugo Marani

La Repubblica Napoli | venerdì 26 agosto 2011

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