L’evasione scolastica, un problema di democrazia

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Le condizioni storiche e ambientali di molte aree del Meridione evidenziano difficoltà e problematiche non risolte. L’evasione scolastica con il suo collegamento al lavoro illegale e alla manovalanza per la camorra, rappresenta un disagio evidente e diffuso. Un problema che deve veder impegnate in prima istanza le istituzioni pubbliche, le imprese, le parrocchie. Una prima possibile iniziativa è conoscere il fenomeno. La rilevazione non basta, ma è un primo passo. Il problema di fondo è che “il banco” per molti ragazzi è una sofferenza, dunque la scuola è lontana, altrove. Il problema son i programmi, i contenuti, ma anche le modalità ed il luogo in cui la lezione si svolge. È necessaria una riflessione profonda. Nella stessa città, il programma di studi dovrebbe essere adattato alla diversa realtà di provenienza che i ragazzi rappresentano: far comunicare le differenze, facile a dirsi, facili a farsi, ma questa è la sfida.

Questa differenza, sensibilità, impostazione culturale è spesso sentita dal corpo docente, ma si basa su motivazione e volontà personale. L’assenza di risorse, la presenza di una lunga precarietà che porta alla cattedra, determinano un’organizzazione debole degli insegnanti; le priorità sono sempre più spesso individuali e non collettive, questo è comprensibile ma non condivisibile. Certo le divisioni all’interno del sistema scuola provengono anche dalla continua ricerca di riforme complessive, generali, che identificano le soluzioni con la legge, senza alcuna verifica di quale impatto l’attuazione determina nei territori. Inoltre pensate, lo stipendio di una docente della scuola spesso non raggiunge il fitto di una casa nel centro della nostra Napoli.
In Campania dal prossimo settembre andranno in pensione dalla scuola 3300 insegnanti. Il trend è nazionale, nel 2005, oltre 16.000 insegnanti lasciano e nel prossimo settembre il dato nazionale è di 27.000. esodi, di questo si tratta, con evidenti richiami alla gestione ed erogazioni delle pensioni e del trattamento di fine rapporto. Pensione, ma anche perdita di esperienza, conoscenza, certo non tutta, ma una quota di sapienza esce e quando e come rientrerà? In Campania, all’uscita dei 3300 si stima l’entrata di non oltre 2000 nuovi ingressi e poi, poi il precariato, il caro vecchio ma, sempre di moda precariato. Dunque, insegnanti vecchi, i più vecchi in Europa e tanti precari, non giovani anche loro, il profilo della scuola pubblica è preoccupante. Preoccupa perché forse, oltre al limite di età e all’effetto della riforma delle pensioni, c’è il disagio del ruolo, la difficoltà ad orientarsi e orientare.
La condizione dell’insegnante sintetizza quella della maggioranza degli impiegati pubblici, infatti, stipendi, condizioni di lavoro e carriera nella scuola, somigliano per modalità e tempi al lavoro degli Enti Locali, dei lavoratori della polizia pubblica, dei vigili del fuoco e dell’amministrazione centrale. È difficile relazionarsi con il fenomeno dell’evasione scolastica. Una delle difficoltà è il senso dell’istituzione scuola, spesso per i ragazzi è una punizione, organismo da sfidare. L’utilizzo delle tecnologie è fondamentale ma bisogna partire dalla scarsa proprietà di linguaggio di questi ragazzi, spesso l’unico confronto con i propri simili è la strada, oppure, la televisione. Le tecnologie, l’informatica, la cultura digitale, spesso sono realtà lontane, difficoltà dalle quali andare via, perché non esiste la volontà e l’opportunità per apprenderle, bisogna creare questa volontà e questa disponibilità. Questo obiettivo necessita di un’attività ampia.

Una sorta di piano contro l’evasione scolastica, dovrebbe essere un problema condiviso da tutti gli schieramenti politici. L’evasione scolastica è un tipico problema di democrazia, sovranità popolare, non risolvibile con le lezioni, i programmi elettorali. Le elezioni sono un sistema di governo, non democrazia, noi semplifichiamo tutto e quindi affermiamo elezioni uguale democrazia, ovvero, sovranità popolare. L’evasione scolastica rende ricchi chi può scegliere tra l’extracomunitario e il ragazzo non scolarizzato: paghe basse, diritti lavorativi nulli, i settori sono il commercio, l’edilizia, la giornata lavorativa dura otto, dieci ore e poi la camorra, con il guadagno facile, il lusso sognato e imitato e allora perché lavorare tanto, basta essere all’angolo della strada e vendi, spacci e poi e poi, l’evasione scolastica è come l’evasione dalla galera, c’è la strada.
In molti quartieri della nostra Napoli, l’istruzione è quella della strada, degli amici in televisione. Avete visto il “Grande fratello” dimensione tv locale con ragazzi di 13 e 14 anni? Abbronzati, griffati, falsi - positivi, con la canzone da interpretare in stile neomelodico, e la scuola? È un optional. Sono da recuperare? Chi li recupera e perché? Gli intellettuali, i politici dichiarano che è possibile coniugare la cultura digitale e l’evasione scolastica. Come? Il modesto parere di chi scrive è: non è possibile. E non diteci che in tutti questi anni il problema erano i denari. Quanti denari sprecati in centri e formazione. Sprecati perché il saldo tra messi in formazione e occupati è di gran lunga negativo. Le responsabilità dei politici ci sono? Le responsabilità dei professori ci sono? La frase che ascoltiamo è: «ti formano e poi non lavori». Ritorna la strada. La strada. Ricordo Giorgio Gaber: «c’è solo la strada su cui puoi contare, la strada è l’unica salvezza, la voglia di uscire, di andare». I bambini, la vita, sono patrimonio del mondo. Parole che richiamano valori e poi spesso i valori vengono manipolati, ridotti a panzarotti, perché gli “interessi personali”, gli “obiettivi strategici”, e le “condizioni politiche”, sono prima della sovranità popolare. È possibile: evasione scolastica zero. Se non ora quando?

 

Paolo Giugliano e Alfonso Marino

La Repubblica Napoli | martedì 7 agosto 2012

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