Cosa ci dicono i figli

Paolo Giugliano

 

Caro direttore,

attraverso il corriere del mezzogiorno vorrei dialogare con i suoi elettori su un argomento da Lei ben trattato con l’editoriale del 15/03/2014: “Cosa ci dicono i figli”.

Editoriale che partendo dalla diffusa abitudine dei giovanissimi di bere bevande alcoliche allarga l’analisi fino a ricomprendere il problema della difficile genitorialità ai giorni d’oggi. Su questo aspetto da genitore, sindacalista, insegnante vorrei  esprimere la mia opinione. Prima era tutto più semplice: scuola, famiglia, chiesa formavano le nuove generazioni secondo principii e valori socialmente condivisi: oggi i personal media insieme a quella “cattiva maestra” la televisione di cui parla il filosofo Karl Popper hanno completamente spiazzato queste agenzie educative. I ruoli non sono più fissati una volta e per sempre e i bisogni sono sempre più diversificati. Padre e figli? E chi li distingue più, uguali come sono nel modo di vestire, nei giochi, negli interessi e negli atteggiamenti. I giovani vivono  una condizione di infanzia prolungata e  adultizzazione precoce. Infanzia prolungata perché restano in  casa fino a 35 anni accuditi e coccolati dalla cattiva coscienza dei genitori che danno loro tutto perché loro non hanno avuto tutto. Adultizzazione precoce perché  non c’è una scelta: l’acquisto di un auto di un elettrodomestico , passando per  il luogo dove  trascorrere le vacanze in cui i ragazzi non siano protagonisti determinanti . Ai mie tempi quando si trattava di discutere queste cose i bambini venivono fatti uscire. Allora il rapporto fra padre e figlio era gerarchico oggi è alla pari con la pericolosa tendenza a sovrapporsi o a sostituirsi ai figli. Due tendenze  entrambe sbagliate. Siamo di fronte ad una situazione trasversale che non conosce differenze di ceto e di censo . In questo contesto la ripresa di una funzione  educante da parte dei genitori diventa particolarmente complicata. Questa ripresa passa necessariamente per atti di volontà e di consapevolezza individuale come Lei afferma nel suo editoriale ma anche per azioni politiche , governative e statuali da Lei volutamente lasciate in ombra. I genitori non devono essere iperprotettivi, permissivi e semplici bancomat dei propri figli ma anche la scuola deve ritrovare serietà e rigore meritocratico senza per questo essere iniquamente selettiva. Gli insegnanti devono diventare professionisti della formazione in grado di mettere in correlazione i contenuti degli studi e lì evoluzione psicologica dell’allievo, devono guardare al programma da svolgere ma soprattutto a come i loro alunni apprendono. Lo studiare  deve essere possibilità di ascensione sociale altrimenti è percepito come una circonferenza senza centro. Senso - significato e simbolo, devono attraversare molte cose per cui oggi non è così (lavoro-istituzioni-cultura ) . Bravi genitori non si nasce ma lo si diventa serve però un contesto sociale produttivo e valoriale favorevole. 

Ciascuno deve fare la sua parte sapendo bene qual è.

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