Il Mezzogiorno dentro la crisi. È necessario (ri)partire.

 

di Giovanni De Falco.

 

Gianni000A poche ore dal termine del seminario “Il Mezzogiorno dentro la crisi. Rischi e opportunità” organizzato da Cgil nazionale Dipartimento Mezzogiorno in collaborazione con l’Istituto Ricerche Economiche e Sociali - Ires Campania possiamo avanzare alcune prime considerazioni rimandando ad altri articoli specifici approfondimenti sui temi delle sessioni seminariali.

Prima considerazione: l’alta partecipazione al seminario rappresenta una evidente riproposizione della centralità dell’analisi sulla complessità della crisi che attanaglia il Mezzogiorno e la volontà di confronto tra le strutture sindacali (meridionali).

Seconda considerazione: nonostante lo sforzo organizzativo e l’evidente riuscita della manifestazione riferita alla numerosa partecipazione di dirigenti sindacali e di esperti, imprenditori, lavoratori, ricercatori e docenti universitari nelle due giornate, abbiamo rilevato che nessun dirigente sindacale delle regioni del nord abbia preso parte ai lavori.

Queste due considerazioni, soltanto apparentemente in contraddizione, portano ad una sola conclusione: c’è una parte dell’Italia che del Mezzogiorno non vuole proprio più saperne! Alla faccia della sensibilità e della solidarietà - fondamento di tutta la cultura e la storia della sinistra - questa esperienza è misurabile ora anche nella Cgil.

Oramai il Paese viaggia a due velocità e si fa sempre più strada l’idea che il Mezzogiorno rappresenti la palla al piede per lo sviluppo dell’Italia. Così si spiegano le spinte federali che sottendono la (ri)formazione di uno Stato, così come ha ben spiegato il professore Adriano Giannola, più che federale ‘confederale’.

Le analisi esposte in questa due giorni hanno invece dimostrato che la crisi non tocca soltanto una parte del Paese. È vero che il Mezzogiorno perde qualcosa come 2,4 punti sulle dinamiche congiunturali e produttive (registrando un leggero peggioramento della media) ma è altrettanto vero che la Lombardia registra un arretramento di 1,5 punti, e questo valore conta, e come, sul valore medio nazionale considerando che la Lombardia da sola rappresenta circa il 25% della ricchezza del Paese. Questo significa che, in valore assoluto (soldoni), il -1,5% è di gran lunga più pesante del -2,4% del Mezzogiorno.

Si apre, dunque, una fase di duro e lungo lavoro per (ri)costruire, nella stessa Cgil, la consapevolezza che da questa crisi o se ne esce insieme “tutti” o, purtroppo, nessuno.

La continua insistenza nel voler rappresentare un Mezzogiorno come “peso” al progresso ed allo sviluppo della nazione serve a ridimensionare, e/o nascondere, la realtà di crisi che attanaglia anche le regioni del Nord: il Veneto, ufficialmente (ma con un certo fastidio), si dichiara in fase recessiva.

Nascondere la realtà delle cose non serve a nessuno, rappresentare un Nord più vicino all’Europa potrebbe nascondere pericolose insidie di cui tutti potremmo, poi, pentirci. Pensare che scaricando il Mezzogiorno il resto del Paese possa recuperare standard di crescita a livello europeo è solo una pia illusione.

Il lavoro di ricucitura che attende la segreteria nazionale Cgil non è semplice, la volontà di affrontarlo a partire da una fase di studio e di confronto fa ben sperare.

La due giorni di studio ha rappresentato una fase di (ri)partenza da tanti sentita come necessità e, molti, hanno definito questo evento come la più importante iniziativa sindacale meridionale degli ultimi anni. Come sempre enfatizzare alcune occasioni potrebbe essere controproducente sarà importante, piuttosto, valutare questo seminario rispetto ai risultati di elaborazione politica che saprà sviluppare da ora in avanti.

(1. continua)

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