Innovare il Mezzogiorno

Vincenzo Esposito, (a cura di), Innovare il mezzogiorno,
prefazione Stefano Mollica
interventi di: Alfredo Budillon, Mariano D'Antonio, Paola De Vivo, Vincenzo Esposito, Enzo Giustino, Alfonso Marino, Mario Parente, Giuseppe Zollo.
Guida Editore, Napoli, 2008, € 9,00.

innovmezzcopQuarta di copertina

L’Italia è Sud, il Sud è l’Italia.

La Questione meridionale è un tema cruciale per definire l’identità del “sistema Italia”.

L’Amministrazione, l’innovazione, l’istruzio­ne, la legalità sono le vere questioni che riguardano l’intero Paese.

L’Amministrazione pubblica è poco efficiente, stenta a trovare piattaforme di integrazione di politiche e di progetti. L’Università stenta a produrre ricerca, a trasferirla al territorio. Le imprese sono ancora povere di valore aggiunto e di creatività innovativa. La “filiera della conoscenza” è in frantumi. La criminali­tà organizzata dissesta i territori.

Nel Mezzogiorno la situazione è più arretra­ta, compromessa, ma vi sono anche grandi risorse per il futuro di tutto ii Paese: giovani “high skilled”, senso dell’appartenenza, comunità coese, saperi locali significativi.

Il Mezzogiorno non cresce, ma sotto la pelle qualcosa si muove. I sistemi produttivi cam­biano e anche al sud vanno verso produzioni a maggior valore aggiunto e alta intensità tecnologica. Servono politiche “intelligenti” che leggano dentro i bisogni e sostengano lo sviluppo locale. Servono progetti territoriali di ampio respiro, metodi di gestione al riparo da lungaggini e finte partecipazioni e una classe dirigente competente e rigorosa.

Il Quaderno 2 di AISLo si interroga su tutto ciò e presenta materiali per comprendere la terribile urgenza di un pensiero nuovo e di un’azione coerente nei Sud e per il Sud.

Indice

Stefano Mollica, Prefazione; Vincenzo Esposito, Innovare il mezzogiorno per modernizzare l’Italia; Mariano D’Antonio, L’economia del Mezzogiorno: che cosa manca allo sviluppo?; Paola De Vivo, Politiche comunitarie e Mezzogiorno; Enzo Giustino, Alcune osservazioni sullo sviluppo del Mezzogiorno; Alfonso Marino, Perché senza democrazia non c’è crescita; Mario Parente, Il Mezzogiorno e i suoi paradossi; Alfredo Budillon, Il Mezzogiorno ha bisogno di pensieri lunghi; Giuseppe Zollo, Per partecipare all’economia della rete sono necessarie nuove energie morali.

Introduzione

Quando scrivo un articolo ho la consuetudine di farlo leggere in anteprima ad alcuni amici per raccogliere la loro opinione e i loro suggerimenti.

Quando ho deciso di sistematizzare e ordinare alcune idee elaborate nel corso del tempo sui problemi del Mezzogiorno per contrastare il silenzio calato sulla Questione meridionale mi è sembrato naturale testare l’articolo sottoponendolo al mio focus.

Alcuni amici – qui presenti come autori – mi hanno sollecitato a organizzare un seminario per tentare di riaprire una discussione pubblica sui temi dello sviluppo del Sud.

L’idea mi ha stimolato ed ho trasformato il lungo articolo in un saggio breve.

Un seminario però ha insito un rischio: l’esigenza di approfondire il tema, offrendo una pluralità di punti di vista, spesso assorbe tutto il tempo disponibile non consentendo un dialogo vero tra i relatori e i partecipanti. Come superare ciò? Come dialogare senza rinunciare ad approfondire?

Ho pensato che per tenere insieme le due esigenze – dialogo e approfondimento – la soluzione migliore era quella di organizzare un “seminario virtuale” raccogliendo i contributi e pubblicandoli per poi utilizzare il volume per promuovere una discussione aperta, un dialogo reale e un confronto tra i partecipanti con la speranza di contribuire a riproporre il Mezzogiorno al centro del dibattito politico.

I contributi qui proposti sono legati tra loro da un filo rosso: con la maggior parte delle persone che qui scrivono sono accomunato da un rapporto di stima e amicizia che ci ha consentito, nel corso del tempo, di dialogare e confrontarci, spesso anche da punti di vista diversi, ma sempre uniti dalla passione del confronto e dal disinteresse della ricerca.

Alcune note a margine

I contributi qui presentati sono stati scritti tra settembre 2007 e gennaio 2008. Il saggio introduttivo è stato inviato agli interlocutori nel mese di settembre e, quindi, non poteva tener conto dell’esplosione dell’emergenza rifiuti e delle sue implicazioni. Piuttosto che modificare il testo mi è sembrato più corretto porre qui alcune considerazioni sulla scorta dei contributi pervenuti e degli eventi che si sono succeduti.

La gestione dell’emergenza ambientale scaturita dall’incapacità di affrontare e risolvere la questione dei rifiuti in Campania e il caso Cuffaro in Sicilia hanno evidenziato una incapacità del ceto politico meridionale di autoriformarsi.

L’ipotesi da me avanzata che la costruzione di un tavolo di coordinamento delle regioni meridionali sulla gestione dei fondi comunitari potesse rappresentare l’avvio di un’autoriforma si è dimostrata impraticabile.

L’abnorme spreco di risorse pubbliche nella non gestione del ciclo dei rifiuti evidenzia che il partito unico della spesa è impermeabile ad ogni cambiamento.

Il Mezzogiorno si presenta come un organismo colpito da metastasi – gli effetti della spesa – che viene costantemente sottoposto a trasfusioni di sangue – la gestione della spesa – che invece di curare l’organismo favoriscono la diffusione delle metastasi.

In questo conteso l’unica medicina efficace per sconfiggere le metastasi è smetterla con le trasfusioni. Si obbietterà che in questo modo si uccidono le metastasi ma anche l’organismo. Non è detto. Di fronte al fallimento di un’intera classe politica per salvare il Mezzogiorno bisogna ritornare a politiche pubbliche nazionali. Bisogna dialogare con il territorio, individuare progetti di sviluppo locali, credibili e praticabili, e poi immaginarsi un’agenzia, una tecnostruttura alle dipendenze del Ministero del Bilancio che effettui la spesa per steep e liberi le varie tranche solo dopo verifiche di effettivo avanzamento dei lavori. Una siffatta via, lascando alle autonomie locali esclusivamente la gestione dell’ordinario, prosciugherebbe i mille rivoli di risorse finanziarie che alimentano il consolidamento della burocrazia della spesa senza sviluppo.

Il rapporto di confronto tra i territori e l’agenzia di sviluppo favorirebbe, forse, l’emergere di una nuova classe politica che, impossibilitata a spendere, sarebbe costretta a ricercare il consenso sulla propria capacità di costruire progetti per il territorio finanziabili e credibili. Un ragionamento di questo tipo potrebbe riprendere il lavoro avviato dall’allora Ministro Carlo Azeglio Ciampi con il Dipartimento per la Programmazione economica quando in un dialogo con i territori vennero individuati una serie di progetti per piccole buone pratiche.

La proposta di riportare al centro la politica di spesa nasce dalla convinzione che «Questo sistema, che pur si diversifica nei vari territori regionali e subregionali, per potersi riprodurre ha bisogno di due elementi determinanti: una quota crescente di risorse pubbliche ed una riduzione del conflitto e del controllo come contenuti della democrazia».

Un’impostazione di questo tipo prosciugherebbe il brodo di coltura dove prospera la “società civile delle consulenze” che alimenta e si alimenta in osmosi con il sistema politico e mortifica l’emergere di competenze effettive e di nuove elité politiche e culturali.

Questo sarà «un percorso difficile ma nel tempo carico di frutti: contribuirà a consolidare il tessuto sociale, stimolerà gli amministratori locali ad una gestione adeguata della cosa pubblica, porrà le condizioni di un uso più efficiente e appropriato delle ingenti risorse finanziarie destinate nei prossimi anni al Mezzogiorno» che dovrà puntare sul «diretto coinvolgimento delle imprese nel processo di realizzazione e di progettazione dell’innovazione e la nascita di imprese knowledge-based».

In conclusione ritengo che «dobbiamo darci da fare perché qui e ora si possa innestare un processo diffuso di apprendimento […] basato su due postulati: nessuno può imparare niente se non è convinto che sia necessario; nessuno può imparare niente se non a partire da quello che già sa». Per declinare questo assunto è necessario porre al centro dell’iniziativa politica e culturale la questione morale intesa non già come l’apertura di un nuovo ciclo giustizialista nel quale cambiano solo gli attori bensì come definizione di un nuovo dizionario della cittadinanza ne quale parole come: “fiducia”, “condivisione”, “trasparenza”, “responsabilità”, “sperimentazione”, “innovazione” riacquistino il loro significato vero e diventino il lessico di una nuova classe dirigente.

Vincenzo Esposito (a cura di), Innovare il Mezzogiorno, Guida, Napoli, 2008.

Il libro è disponibile presso:

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