Una imposizione fiscale giusta per un’Italia giusta e sostenibile

Una imposizione fiscale giusta per un’Italia giusta e sostenibile.

A cura di Gianni De Falco, presidente Ires Campania.

tratto da: In salute, giusta, sostenibile. Ripensare l'Italia dopo la pandemia. sbilibri21. 2020.

 

soldi-denaroOggi l’80% delle entrate delle imposte dirette viene dai lavoratori dipendenti, che guadagnano salari nel complesso modesti: oltre 10 milioni di dipendenti (il 50% del totale) hanno redditi tra 12mila e 29mila euro l’anno, quelli che guadagnano più di 29mila euro sono poco più di 4 milioni. L’evasione fiscale da parte dei lavoratori autonomi e delle imprese è stata tollerata e a volte incoraggiata.

La progressività delle imposte è stata ridotta al minimo. L’imposta di successione è stata quasi cancellata. Le rendite finanziarie hanno aliquote minime e grandi possibilità di elusione. I profitti delle imprese possono essere nascosti nei bilanci o trasferiti all’estero, nei paradisi fiscali dove non sono tassati. Oggi ci sono 300mila italiani che hanno conti correnti nelle banche svizzere e 2.500 italiani sono elencati nei Panama Papers come titolari di conti nei paradisi fiscali.

Un’Italia giusta deve trovare grandi entrate dove prima non erano cercate – i ricchi, i profitti e le rendite, le eredità, l’evasione fiscale – per finanziare la spesa necessaria a ricostruire l’economia. Considerando la grande espansione del commercio elettronico, occorre introdurre un prelievo fiscale su qualsiasi transazione commerciale digitale, unica soluzione per una web tax che non sia eludibile da parte delle piattaforme digitali. In parallelo è necessario uno spostamento strutturale dell’imposizione fiscale dal lavoro alla ricchezza – immobiliare e finanziaria – e alle risorse naturali non rinnovabili. Si può pensare a un’imposta progressiva sui patrimoni finanziari e immobiliari superiori al milione di euro. Va considerata anche la possibilità di finanziare la spesa pubblica straordinaria legata alla ricostruzione con un’emissione di titoli pubblici a lunghissima scadenza. Si devono trovare le forme per limitare fortemente l’uso dei paradisi fiscali e per introdurre una tassazione dei profitti e della ricchezza a livello europeo, armonizzando le politiche fiscali. Occorre colpire le dinamiche speculative dei mercati finanziari, con il modello della Tobin tax, e incoraggiare lo spostamento verso una finanza responsabile. L’imposizione fiscale va collocata nel quadro delle politiche di spesa e della gestione del debito pubblico italiano, un tema che richiede nuove regole e una responsabilità comune a scala europea.

Un’Italia in salute, giusta e sostenibile non può esistere in un’Europa e in un mondo ingiusto e insostenibile. Un’Italia che percorra le strade fin qui delineate può dare un grande contributo all’Europa. Le regole e i vincoli europei sono ora in trasformazione e vanno ripensati per guidare tutto il continente verso uno sviluppo diverso, giusto e sostenibile. Tutti i paesi europei stanno espandendo la spesa pubblica finanziata in deficit; il peso del debito pubblico, particolarmente grave per l’Italia e altri paesi, dev’essere reso sostenibile con nuove misure comuni dell’area euro e dell’Unione europea. Non è pensabile un’Europa che non percorra questa strada, che ostacoli i cambiamenti richiesti.

La natura globale dei problemi della salute, della giustizia e della sostenibilità richiedono un impegno dell’Italia – del governo e delle istituzioni, ma anche delle organizzazioni e dei movimenti sociali – per ricostruire un’attenzione alla dimensione globale e alle responsabilità che abbiamo. Il vecchio ordine mondiale si è mostrato incapace di affrontare la pandemia, si sono moltiplicati i nazionalismi, affrontiamo una situazione di grande “disordine mondiale”. Occorre costruire un sistema di diritti e responsabilità globali che si contrapponga alla globalizzazione neoliberista di questi decenni. Il potere globale di finanza e grandi imprese va ridimensionato e nuove autorità politiche e mobilitazioni sociali transnazionali devono darsi gli strumenti per affrontare i problemi della salute, della giustizia e della sostenibilità a scala mondiale.

Occorre una nuova cooperazione internazionale su base paritaria, occorre rinnovare gli organismi sovranazionali, rafforzare il ruolo delle Nazioni Unite e delle sue agenzie, a cominciare dall’Organizzazione Mondiale della Sanità. Le istituzioni europee possono svolgere qui un ruolo importante.

L’azione internazionale non dev’essere lasciata solo ai governi, alla finanza, alle imprese multinazionali. Un ruolo chiave dev’essere svolto dalla società civile e dai movimenti sociali, capaci di rivendicare salute, giustizia e sostenibilità, e di praticare nuove forme di democrazia internazionale.

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