Rolando Palazzeschi è tornato alla sua casa.

Rolando Palazzeschi è tornato alla sua casa.

Gianni De Falco

 

Arrivando al pomeriggio nella sede della FLM in Strettola S. Anna alle Paludi lo trovavo alla sua scrivania in un piccolo ufficio al quarto piano. Il più delle volte con gli occhiali inforcati sulla fronte, il più delle volte a scrivere… Padre Rolando, come qualcuno lo chiamava… soltanto Rolando per quasi tutti noi.

Gesuita. Classificarlo subito per il suo ‘ordine’ di appartenenza per me significa onorarlo per quel che quell’ordine ha dato, in termini di cultura, alla storia. Piacendo a qualcuno e non piacendo ad altri.

Ne ho conosciuti molti di gesuiti e spesso erano uomini eruditi, colti nient’affatto banali. Pur non avendo una particolare simpatia per gli uomini talati, tra questi, i gesuiti rappresentano un caso a sé. O li odi o li ami, in senso socio-culturale. Rolando non potevi odiarlo.

Una storia straordinaria di “prete operaio”… aveva, in quel di Bologna, raggiunto gli alti gradi dell’ordine gesuitico ma in tempi più che sospetti, di lotte operaie, di pugno alzato, di bandiere rosse. Il nostro Rolando abbracciò la sua fede e il “suo” comunismo… fece anche l’operaio…

Ma il “suo” comunismo (intendiamoci lui non fu mai veramente comunista) fu troppo vistoso, fu troppo vissuto per passare inosservato agli occhi dei superiori e potenti “capi” della Compagnia di Gesù… troppo rosso accostato al nero della Compagnia.

Rolando fu richiamato ma non volle lasciare il “suo” ordine, per lui le due cose il lavoro (e le lotte per il lavoro) e la preghiera potevano tranquillamente coesistere. “Ora et Labora” si sarebbe detto in altra epoca.

Per le alte sfere non andava bene. Considerato “peccatore”, fu punito con il trasferimento coatto… destinazione a suo piacere e senza alcuna alta responsabilità, degradato a “missionario”…

E la sua missione Rolando la scelse tenendo conto delle lotte operaie, dei pugni alzati e delle bandiere rosse: Pomigliano! Il gesuita emiliano fu tanto attivo da partecipare ai picchetti degli operai fuori la fabbrica…

Ma la missione non comprendeva soltanto gli operai ma anche la povera gente di questa terra sofferta: il Sud. E una delle sue prime preoccupazioni per garantire a tanti di uscire dalle miserrime condizioni sociali fu l’istruzione, la formazione.

Dai picchetti fuori la fabbrica alle sedi sindacali il passo fu breve… dalla FLM di Pomigliano alla FLM di Napoli e della Campania. Lottò per l’affermazione delle 150 ore in fabbrica. Le cosiddette 150 ore furono lo strumento per garantire a tutti i lavoratori l’acquisizione almeno del titolo di studio della terza media, che frattanto era diventata dell’obbligo di istruzione per tutti. Ma la classe operaia non ha mai avuto i suoi paradisi… solo un uomo di chiesa, un prete poteva offrirglieli in terra. Così Rolando Palazzeschi lavorò instancabilmente per l’organizzazione di questi percorsi formativi. La Fiom mi chiese, provenendo io dalla formazione professionale per adulti, di aiutarlo, affiancarlo. Ricordo lunghi pomeriggi e sere di lavoro con lui, con Anna Rea e con Lucio Pirillo. Le 150 ore divennero il suo vessillo rosso, il suo pugno alzato, la sua lotta contro l’ignoranza per l’affermazione di quei diritti di cittadinanza che passano nell’alfabeto A, B, C… e nel far di conto…

Dopo tanti anni di militanza attiva il “nostro” prete rosso si ritirò in via San Sebastiano a Napoli nella comunità gesuita. Un po’ invecchiato, un po’ malato ma sempre con voce suadente e dolce, decisi di portargli i miei nipoti… fu felicissimo sia di rivedermi sia di conoscere i ragazzi. Più volte sono stato a trovarlo tranne negli ultimi due anni per via del virus. Ora la notizia… Rolando è tornato alla sua casa.

Riposa in pace caro Rolando con le tue bandiere rosse e i tuoi operai.

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