Noi, vittime nella città invivibile

Cara “Repubblica  NAPOLI, ”, se ti avesse scritto questa lettera Italo Calvino parlando dei misteri esotici delle Città Invisibili si sarebbe rivolto al Direttore chiamandolo Kublai Kan; ma qui non c’è l’imperatore dei tartari, né tantomeno io sono uno scrittore, e, cosa che più conta, Pozzuoli non è una città invisibile, ma solo una città invivibile. La cosa potrebbe apparire scontata se non fosse che ieri si è superato il segno d’ogni umana decenza: alcune centinaia di migliaia di persone sono rimaste segregate, per oltre sette ore in mezzi privati e pubblici, dai venditori del mercato ittico di Pozzuoli. Non sono, in questa sede, francamente interessato a discutere le motivazioni di una protesta che si assomma a quelle che in questi giorni affliggono la nostra città. Vorrei sottoporre all’attenzione soltanto alcune notazioni di una qualche implicazione sociale. La prima: il perdurare per così tante ore di una simile protesta arreca danni economici rilevanti all’esausta economia campana: ad occhio e croce è come se uno 0,3 per cento del prodotto interno annuo dell’area flegrea fosse andato in fumo in un sol giorno. E già questo, con i tempi che corrono, non mi pare un dato trascurabile. Inoltre l’acquiescenza delle forze di polizia e dei suoi responsabili nei confronti dei sequestranti determina, da parte del cittadino, quella che Hegel amava definire «la notte in cui tutte le vacche sono nere», con i protestanti al posto dei ruminanti. Perché discernere tra pescivendoli, disoccupati organizzati e operai licenziati o messa in cassa integrazione? Ben altro zelo le nostre forze di polizia avevano dimostrato nei confronti di no global, studenti e docenti che, tre anni fa, contestavano pacificamente il Global Forum. Pozzuoli è città già invivibile di suo: agli stabilimenti che chiudono, alla negazione di qualunque forma di organizzazione sociale per incentivare una movida notturna caratterizzata da motorini, bivacchi e sporcizia, si aggiunge ora una crisi politica che solo il più vetero dei centrosinistrismi poteva ricomporre come se nulla fosse successo. Finora pareva che a Pozzuoli fosse solo difficile accedere per il disfacimento delle strade e per i dissennati permessi ad aprire ipermercati vicino agli svincoli della tangenziale, in spregio a qualunque politica del territorio. Da oggi sappiamo che è anche difficile uscire o che timbreremo il cartellino in ragione della concertazione tra prefetto, questore e pescivendoli. Forse un simile strumento andrebbe adoperato in qualche capannone industriale o con qualche ragazzo che ha a cuore gli effetti iniqui della globalizzazione. È vero, come sostiene Calvino della città invisibile di Raissa, che la città infelice contiene in sé una città felice che nemmeno sa di esistere; ma, credetemi, l’invivibilità ci rende sempre più inconsapevoli.

Repubblica NAPOLI, 12 febbraio 2004

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