Euromed, la cultura sfida i grattacieli

Se fossero adoperati canoni consueti e tradizionali sarebbe necessaria una buona dose di fantasia per pensare a Napoli come ad una città in grado di ospitare istituzioni finanziarie internazionali. Nell’immaginario collettivo la finanza internazionale dei prodotti derivati, delle operazioni swap e dell’emissione di eurotitoli È legata a particolari luoghi, la cui geografia è parte integrante del mito del finanziere. Ieri la City di Londra o gli austeri palazzi di Zurigo, oggi lo skyline di New York il triste e grigio centro di Francoforte. E la geografia della costruzione ciclopica è ancora l’icona di coloro che partecipano al risiko internazionale dei titoli e delle valute. Quando negli anni Novanta le autorità di Francoforte annunciarono, con baldanza teutonica, i piani per la costruzione di nuovi venti grattacieli nei dieci anni successivi, le autorità municipali di Londra organizzarono la loro risposta. Pensarono bene di incentivare lo sviluppo di un sito di oltre 85 acri ad est della City a Canard Wharf, che, dopo un esordio problematico e qualche bancarotta, è divenuto la seconda casa della finanza londinese. Se queste fossero le sole istituzioni finanziarie internazionali, e cioè holding votate alla massimizzazione dei guadagni in conto capitale dalle oscillazioni valutarie e dalle necessità di finanziamento di qualche paese del terzo mondo, pensare alla nostra città quale sede di istituzioni finanziarie sarebbe, per lo meno, velleitario: il Centro direzionale, con tutto il rispetto, ha poco di Wall Street o dei Docklands di Londra e non è probabile, e nemmeno auspicabile forse, che sarà in un prossimo futuro chiamato Sen-Kee Yim a costruire un mostro come la Citibank di Hong Kong. L’autorevolezza della candidatura napoletana quale città ospitante la sede della Banca Euromed è peculiare e deriva, paradossalmente, dalla sua essenza di “non centro” della finanza internazionale. E questa strana dote può incidere positivamente, in relazione ad almeno un duplice ordine di motivazioni. Il primo: storicamente le istituzioni internazionali non private hanno teso a scegliere sedi diverse da quelle della finanza privata. La Banca Euromed è espressione di un’istituzione, la Banca Europea degli Investimenti, pensata agli albori del processo di unificazione europea per incentivare gli investimenti a lungo termine produttivi. Essa è parte, così come originariamente il Fondo Monetario Internazionale o la Banca Mondiale, di quella complessa architettura del sistema finanziario internazionale, che nella lungimiranza dei finanziamenti non condizionati alle “condizionalità” liberistiche, era stata pensata all’indomani della Seconda guerra mondiale da Keynes. La Banca Euromed, ponendosi la missione di incentivare lo sviluppo imprenditoriale e infrastrutturale dei paesi mediterranei partner dell’Europa, invierebbe un segnale non trascurabile di consapevolezza sociale, insediandosi in una di quelle regioni, la Campania, che del processo di convergenza nazionale tra i paesi membri dell’Europa ha sopportato un peso non trascurabile. Ma vi è un secondo elemento che rende Napoli competitiva, e rimanda a quello che Tremonti, felicemente, ha definito come il patrimonio di storia e di cultura millenaria. Il richiamo a questi valori può apparire, per una candidatura del genere, retorica provincialistica; in realtà un sano pragmatismo è sempre necessario. In una società globalizzata e “mcdonaldizzata” le relazioni tra finanza e cultura evolvono e divengono più complesse, la cultura diviene sempre più un elemento chiave nella gara tra le città che ambiscono ad ospitare istituzioni finanziarie. Poiché le decisioni finanziarie sono prese sempre di più in “non luoghi” virtuali l’articolazione dei servizi strettamente finanziari della città ospitante è rilevante, ma non decisiva; crescente appare, invece, il ruolo dell’identità culturale, in cui lo skyline dell’offerta di servizi è più rilevante del grattacielo “tuttocompreso”. Non è probabilmente un caso che la Deutsche Bank collezioni ed esponga oltre diecimila tele di artisti contemporanei lungo tutti gli ottanta piani del suo quartier generale a Francoforte. L’Europa si va affollando di funzionari di medio-alto livello, i “cosmocrati”, alla ricerca d’identità culturali locali che consentano di compensare attività sempre più virtuali svolte in “non luoghi”; forse dietro una simile ricerca non vi saranno aneliti paragonabili a quelli di Conrad, ma non candidarsi a soddisfarla significherebbe riconoscere il primato dell’hamburger su Braudel.

Repubblica NAPOLI, 13 novembre 2003

This content has been locked. You can no longer post any comment.

Cerca nel sito

Incontri

Fut Rem

 

.

 

Chi è online

 13 visitatori online