Pensando ai giovani

Lo sciopero generale di oggi potrebbe avere, per Napoli e per la Campania, una chiave di lettura importante ma, tutto sommato, facile. È certamente vero che gli indirizzi di politica economica dell’attuale governo presentano una singolare caratteristica: anche nei periodi più tormentati e di maggiore dialettica all’intero delle organizzazioni sindacali o delle forze di opposizione le decisioni in materia economica dall’attuale esecutivo hanno agito da collante per compattare contenuti e iniziative della protesta. Così come era avvenuto tempo addietro per le proposte in tema di normativa sul mercato del lavoro e di revisione dei vincoli al licenziamento, oggi la legge finanziaria e la revisione delle norme sul pensionamento consentono ai sindacati di ritrovare un fronte comune. Ma tale fronte, in Campania, è certamente più esteso e coinvolge tutte le forze sociali che hanno assunto atteggiamenti critici delle decisioni, o delle mancate decisioni, del governo centrale, non ultime università e enti locali. Questi ultimi si trovano di fronte a vincoli di bilancio più severi, nell’ambito di una Finanziaria che si limita a rastrellare una cifra esattamente pari al disavanzo pubblico di cassa registrato negli ultimi quindici mesi. Le novità sono che le consuete una tantum sono terminologicamente ridefinite con il più accattivante anglicismo one off e che la riforma delle pensioni è invocata in nome di una controllabilità del debito pubblico, sul cui andamento il governo Berlusconi forniva, fino a poco tempo fa, ampie rassicurazioni. Ma lo sciopero campano è probabilmente indice di scontentezza su quello che appare oggi il peggiore dei mondi possibili, e cioè la presenza simultanea di inflazione e di recessione. La dinamica dei prezzi ha assunto in Campania tendenze così accentuate che, oggi, anche gli organismi ufficiali sono costretti a rivederne l’esatta dimensione. E neppure paiono sufficienti i convincimenti di qualche assessore che, a livello regionale, presume di combatterla con il mero annuncio di un istituendo osservatorio sui prezzi, o che, a livello comunale, ci rassicura che l’inflazione a Napoli sarebbe solo apparentemente più elevata poiché un dato incremento è computato su di livello di base più basso che nel resto di Italia. Le virtù manipolatrici dell’economia sono, si sa, molteplici ma le acrobazie retoriche hanno un limite; salvo che non si auspichi che i prezzi di base raddoppino di modo che il medesimo aumento risulterebbe, per incanto, dimezzato e, dunque, in linea con il resto d’Italia. Ma i problemi sono ben più seri: la recessione, di una portata difficilmente riscontrabile nell’ultimo decennio, esalta e amplifica problemi oramai storici della struttura economica campana, incuneandosi in una sfera, quella personale e dell’esclusione sociale, sulla quale molto più di qualunque analisi possono le immagini dei film di Ken Loach. La speranza di un giovane che si affaccia oggi sul mercato del lavoro è, nella nostra regione, quella di essere forse assunto con un lavoro precario tramite un’agenzia interinale, oppure di trovare un lavoro accessorio o su di un singolo progetto, con la certezza che l’arco di vita lavorativa si estenderà di altri cinque anni. Forse sarà costretto a condividere la prestazione lavorativa con un secondo lavoratore ma potrà affermare, con indubbio orgoglio, di praticare il job sharing. Questa è la triste realtà del contesto economico che sottostà alla manifestazione odierna: una politica economica che, enfaticamente, conia neologismi per mascherare la propria povertà e che del Mezzogiorno trascura incentivi, politiche industriali e piccole imprese, rimandando le faraoniche opere pubbliche e trascurando le più utili arterie di normale percorrenza. Lo sciopero è dunque denuncia: per chi non lavora è l’allarme di dover scegliere tra contratti legalmente precari e stabili inserimenti nell’economia sommersa; per chi lavora il timore di essere inglobati in quella fascia di povertà sempre più estesa che oramai include un dipendente a reddito fisso con famiglia a carico. Ma niente paura: nella prossima Finanziaria si parlerà della povertà come di un’agiatezza temporaneamente assente.

Repubblica NAPOLI, 24 ottobre 2003


This content has been locked. You can no longer post any comment.

Cerca nel sito

Incontri

Fut Rem

 

.

 

Chi è online

 29 visitatori online