Economia masochista

Napoli vanta una singolare inclinazione, quella di impostare discussioni su temi economici secondo modalità tanto astratte quanto litigiose, tanto nominalistiche quanto vacue. E così dopo la lunga stagione del dibattito sulle sorti progressive dell’economia del vicolo e dopo gli abbagli sui lacci e sui laccioli che condizionano l’economia sommersa, ci si è accorti che la possibile designazione della nostra città a sede dell’America’s Cup può incentivare la formulazione di un nuovo paradigma teorico, quello che potremmo definire l’economia nominalastico-masochistica. Gli aggettivi qualificativi meritano un minimo di commento: il nominalismo deriva dalla circostanza che la discussione, in genere di scarso approfondimento, è accesa dalla diversità di accezione che ad una parola, ad una frase, viene data dai contendenti; il masochismo si giustifica con l’indebolimento che consegue per il raggiungimento dell’obiettivo, nel nostra caso la designazione di Napoli per la Coppa America, sul quale la tenzone si sviluppa. L’ultimo esempio della nostra predilezione per simili valutazioni è rappresentato dal dibattito sulla decisione dell’esecutivo regionale di affidare a consulenti privati l’analisi dei possibili vantaggi che deriverebbero alla zona occidentale, quella di Bagnoli e dei Campi Flegrei, dall’istituzione di una “zona franca”. I contenuti di questo strumento di politica economica sono molto semplici: individuata un’area che si presume possa essere oggetto di interesse per nuove iniziative imprenditoriali, industriali o commerciali, in relazione ad un evento economico esogeno di particolare rilievo, si stabilisce che in quella stessa zona siano detassati, parzialmente o totalmente, tutti gli investimenti e i profitti delle iniziative connesse con l’evento in questione. non sono propenso ad attribuire a questo particolare strumento, la zona franca, poteri taumaturgici; e questo scetticismo derivato da molteplici ragioni, potrebbe essere mitigato o accentuato solo dopo aver esaminato uno studio specifico. Sarebbe necessario, infatti, valutare la natura delle agevolazioni fiscali che verrebbero concesse, la grandezza dell’area oggetto di esenzione, la specificità delle attività detassate, e così via. Inoltre, l’ipotesi interpretativa “forte” dei fautori del successo della zona franca è che, a seguito dell’evento esterno nuovo, nel nostro caso Alinghi, si determinino condizioni favorevoli per una pluralità di iniziative locali che avrebbe difficoltà ad essere realizzate solo per vincoli dal lato dei costi e dell’onerosità del fisco. E chi ha una qualche conoscenza dell’apparato produttivo napoletano è consapevole di quanto la sua profonda debolezza non sia semplicisticamente ricollegabile a generici vincoli di costi. Mentre perplessità simili avrebbero dovuto essere fugate, l’economia nominalistico-masochista ha ritrovato adepti e slogan: a favore o contro la zona franca, dimenticando che la terminologia È una scatola nera, che può essere riempita di innumerevoli contenuti; la validità del caso delle isole Canarie, dimenticando come la Spagna si caratterizza per numerose regioni autonome, le Comunidades Autonomas, e diversi regimi fiscali locali, i cui fondamenti storici risalgono alle modalità con cui i territori sottratti ai Mori vennero incorporati alla Corona di Castiglia; inoltre il modello specifico delle Canarie, la Zec, ovvero la Zona Especial Canaria, ha alle sue spalle oltre un decennio di vita e, francamente, sarebbe impietoso utilizzare i risultati del suo successo quale viatico per la nostra città. Altro slogan: il successo del modello Irlanda, quello, cioè di una nazione che si caratterizza per la più totale dipendenza dalle decisioni delle imprese multinazionali in tema di reinvestimento dei profitti ivi maturati e che è costretta a creare sempre nuove convenienze fiscali e normative perché questi profitti siano reinvestiti in loco. Da ultimo: i diecimila posti di lavoro attivabili dal diverso regime fiscale. Se tanti posti di lavoro potessero, con una semplice detassazione, essere creati in un’area così ristretta, vorrebbe dire che la politica economica ha trovato la propria pietra filosofale. Incentivare simili speranze è, purtroppo, masochismo, o, meglio, sadomasochismo.

Repubblica NAPOLI, 28 agosto 2003

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