Titanic Europa

 Vladimiro Giacchè, Titanic Europa, la crisi che non ci hanno raccontato, Aliberti editore, € 14,00

 

titanic-europa“L’austerità di fronte a un’economia già depressa è una follia criminale”. Paul Krugman, economista e premio Nobel, pochi giorni fa dal suo blog, ammonisce con queste parole i governi europei. Il tono è quello di un appello disperato e destinato a rimanere inascoltato.

Tutti gli stati europei ormai hanno adottato politiche restrittive fatte di tagli al welfare, al costo del lavoro e alla spesa pubblica, considerate misure inevitabili e assolutamente necessarie ad innescare la ripresa economica.

Ma è certo che sommando recessione, disoccupazione, tagli e riduzione del reddito nazionale e quindi dei consumi, si possa uscire dalla crisi? O semplicemente così si imbocca la strada della stagnazione e della deflazione, aggravando deficit e dimensioni del debito pubblico, accelerando i problemi dell’euro, con i disastri monetari e sociali che ne deriverebbero?

C'era una volta l’industria con la sua letteratura

Lamiere pIl tema del lavoro è, naturalmente, drammaticamente centrale nel dibattito politico odierno. È perfino ovvio sottolinearlo. Nell’orizzonte della più stretta attualità si identifica con la ricerca del lavoro, col dramma della disoccupazione o con l’altro, più generale, della difesa dei diritti dei lavoratori. E anche chi, non banalmente, tematizza la questione della produttività come decisiva per la rinascita del paese, non la riduce al solo punto di vista dei lavoratori, che dovrebbero lavorare di più o meglio, ma la inquadra in un orizzonte complesso, che non trascura l'esigenza di una miglioree più efficace organizzazione del lavoro stesso nonché quella del clima nel quale esso si compie. Anche se oggi la questione dirimente è quella di fondare un nuovo patto per la produttività, mi sembra che, su tempi più lunghi, se usciremo dall'angolo della crisi, ci si potrà ispirare a un'idea nuova del lavoro tradizionalmente inteso, in una prospettiva di una liberazione dal lavoro. Nuovi liberali e nuovi socialisti potranno costruire una nuova civiltà del lavoro se si potrà, complice la tecnologia, lavorare meno e meglio, lavorare tutti. Una scommessa, un'utopia. Ma l'orizzonte utopico, quando non è pura astrazione, imposizione totalitaria di un punto di vista, coincide con gli ideali che migliorano la realtà.

In questa prospettiva, e non solo in questa, possiamo leggere il bel libro, Lamiere, la letteratura tra fabbrica e città, che si presenta oggi alle 16 nella sede della Cgil in via Torino.

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