Quando la politica non conosce la realtà!

Lavoro minorile e Family Act,

Quando la politica non conosce la realtà!

Giuseppe Biasco

 

Dedicato alla memoria di Iqbal MasihIqbal Masih, giovanissimo sindacalista pakistano, ucciso 25 anni fa, a soli 12 anni, per le sue battaglie contro la schiavitù dei bambini ed il lavoro minorile.

 

1 - Il 12 Giugno si è celebrata la giornata di lotta contro il lavoro minorile nel mondo, voluta dall’UNICEF e proclamata dall’ONU. Si calcola che nel mondo sono, attualmente 152 milioni i minori impegnati in lavori dequalificati, faticosi e scarsamente retribuiti. Oltre un quarto di questo numero esorbitante è addirittura ridotto in schiavitù, venduti dalle famiglie a padroni senza dignità, ne scrupolo che li utilizzano in pastorizia, agricoltura, nella tessitura di tappeti, nei lavori di commercio e dei servizi.

 

 

Un problema grave, che alimenta il fenomeno dei soldati bambini o del loro utilizzo da parte della delinquenza organizzata. E’ questo un fenomeno molto sottovalutato, che si tende a dimenticare, se non addirittura seppellire nelle statistiche. Purtroppo, il fenomeno non è solo dei paesi poveri, perché alcuni milioni di bambini sono sfruttati, anche nei paesi del G7, dove contribuiscono a creare una ricchezza che non godranno mai. L’Italia è uno dei paesi in cui il fenomeno dello sfruttamento minorile è ben presente, ma poco considerato ed analizzato. Secondo stime di Save the children, i minori, fino a 16 anni che lavorano nel nostro paese sono circa 350.000. Sono tutti al nero, hanno, quasi tutti abbandonato la scuola dopo le medie, mal frequentate, guadagnano  poco, svolgono lavori dequalificati e faticosi e, quando raggiungono i 20 anni, sono fuori dal mondo del lavoro, poiché, a differenza dei tempi passati, non hanno imparato nemmeno un mestiere. L’Italia del libero mercato, produce disoccupati. I minori che lavorano al nero, dopo uno sfruttamento intensivo, diventano NET, devono essere recuperati dalla società, con un forte aggravio economico per lo Stato, altrimenti sono preda della delinquenza. Il 66% dei giovani rinchiusi nei carceri giovanili hanno tutti abbandonato la scuola, hanno lavorato in nero e successivamente hanno iniziato a delinquere, soprattutto nello spaccio di droga. Secondo l’ANMIL, l’associazione dei mutilati del lavoro, si stima che ogni anno circa 6500 minori subiscono un infortunio sul lavoro, secondo dati ufficiali, mentre altri 2500 incidenti non sono denunciati. 9000 ragazzi all’anno si fanno male su un lavoro che non dovrebbero fare e non sono coperti nemmeno dall’assicurazione INAIL, poiché non hanno l’età per l’iscrizione, quindi, non hanno diritto a risarcimento in caso di danno grave. Fortunatamente i deceduti sono, negli anni, poche unità, mentre purtroppo gli invalidi permanenti sono, negli ultimi dieci anni circa 1000. Una società che non sa proteggere i propri ragazzi, ha poco futuro da programmare. La legge contro il lavoro minorile è del 1967, voluta da quel governo Moro – Nenni, di centro sinistra organico, il più riformista nel riconoscere diritti ai lavoratori che ha avuto l’Italia. Per sconfiggere questo male sociale, sconosciuto al paese, occorrerebbe un Piano Nazionale di lotta al lavoro minorile, che partendo dalle scuole e dall’evasione contributiva, possa arrivare ad aiutare quelle famiglie che del lavoro dei figli hanno bisogno. Dai dati disponibili si evidenzia che le Regioni in cui maggiore è il numero dei minori al lavoro sono: Lombardia, Emilia Romagna e Piemonte. I settori in cui sono maggiormente occupati i ragazzi sono: agricoltura, ristorazione, commercio e servizi. Il nostro paese è diverso da come viene immaginato e raccontato da cronache interessate, infatti, tutti pensano che il regno del lavoro minorile sia Napoli ed il Sud, ma non è così, infatti, se manca il lavoro per i grandi, manca anche per i bambini. Dove c’è il lavoro per i grandi, c’è anche lo sfruttamento dei minori.

 

2 – Prima di iniziare gli incontri degli Stati Generali il Governo Conte ha presentato il Family Act, la legge delega che dovrebbe rimettere la famiglia al centro dell’iniziativa sociale del paese, nell’ambito della forte ripresa economica che si appresta a pianificare l’esecutivo. La definizione in inglese della legge, la fa, immediatamente collocare nella elaborazione Renziana della Leopolda (ricordate il Job Act?). Infatti, la Ministra firmataria del provvedimento è la professoressa di Analisi Matematica a Milano, Elena Bonetti, talmente renziana da essere stata una delle dirigenti nazionali dell’Agesci e da scaut cattolica ha contraddistinto la sua attività politica nel PD e poi in Italia Viva.

Il provvedimento è il secondo che si porta a casa Renzi, dopo quello sul caporalato. L’ex premier è,  poco apprezzato nei sondaggima conta parecchio nel Governo per il precario equilibrio dei voti in Parlamento. Il Family Act, è un provvedimento, che, sarà completato in futuro, dopo l’approvazione del Parlamento, quando il Governo attiverà la delega che la legge gli assegna. Per il momento il disegno di legge approntato è un insieme di articoli che rappresentano i titoli dei provvedimenti che si prenderanno in seguito e di cui, solo allora ne conosceremo il merito. Nella, ormai ben conosciuta elaborazione legislativa di marca Leopolda, i provvedimenti sono strutturati da una idea centrale, corredata da tanti altri piccoli interventi di sovvenzione alle persone fisiche per agevolazioni di vario tipo, come, per esempio i 500 euro ai docenti, ai giovani per spese culturali, gli 80 euro di detrazione fiscale ed altro. Nel caso in questione il provvedimento più importante della legge a sostegno delle famiglie è la ripresa e miglioramento del vecchio assegno familiare, definito, nella legge delega: assegno unico. Attorno a questo ci saranno una serie di piccoli provvedimenti volti ad erogare alle famiglie sostegni per le spese delle baby sitter, per gli asili nido, per centri estivi o per rendere il congedo parentale più facilmente fruibile. Il nuovo assegno per i figli a carico, vero e forse unico cuore della legge, prevede una erogazione uguale per tutti, che aumenta del 20% in caso di secondo figlio in poi ed  in presenza di minori disabili. Per l’introduzione di questo intervento economico in busta paga di uno dei genitori, vengono abolite le detrazioni per figli a carico previste fino ad oggi. In questo modo si sposta l’onere della spesa a carico dell’INPS, il cui bilancio è totalmente sostenuto dai contributi previdenziali versati dai datori di lavoro ai propri dipendenti in qualità di salario differito. L’INPS, in questa fase sotto stress, per l’enorme aumento della cassa integrazione, non è in difficoltà con i conti, ma andrà sicuramente in sofferenza per i prossimi mesi. Ma il Governo, non è preoccupato, poiché la Commissione Europea ha stanziato 75 miliardi di euro per il programma SURE, a sostegno della cassa integrazione, che il Governo Conte non ha ancora richiesto per aspettare la conclusione del dibattito sul Recovery Faund, per stabilirne l’entità. La sostanza delle decisioni prese che i lavoratori in busta paga verificheranno dei cambiamenti, di cui non si conoscono, per il momento l’entità. Dal 1 Luglio, scatterà il provvedimento sul cuneo fiscale sulle retribuzioni, gli 80 euro sono stati aboliti, così come sarà per le detrazioni per i figli a carico. Poiché il Family Act non stabilisce cifre, non sappiamo, al momento, se i lavoratori ci rimetteranno, usciranno alla pari o, addirittura, guadagneranno qualcosa. Una cosa è certa che l’entrate dello Stato, dal punto di vista contabile, non avranno variazioni negative, tali da allarmare i risparmiatori, le Banche, le agenzie di rating e la Commissione Europea. Insomma: molto fumo e poco arrosto!