Massimo, educatore di libertà.

altVENERDI 24 ottobre alle ore 16,30 commemorazione di

MASSIMO MACIOCIA

Università degli Studi di Napoli

Dipartimento studi umanistici - Aula Piovani.

 

Massimo, educatore di libertà.

Nel ricordo di Gianni De Falco e Stefano Dumontet.

 

Ricordare Massimo Maciocia per noi non è facile. Nella sua memoria si intrecciano ricordi personali, professionali e di vita vissuta tenuti insieme in vario modo sull’onda della nostalgia, delle battaglie ideali, delle frustrazioni per il mancato riconoscimento dei nostri propositi, dell’entusiasmo di chi ha fatto e lottato per affermare un  principio universale di libertà e di autodeterminazione individuale.

Non è facile scegliere un percorso che possa comprendere tutte queste cose con la stessa intensità con la quale le abbiamo vissute. Abbiamo scelto di parlare di Massimo con un articolo scritto a “quattro mani” perché il percorso professionale ed umano che abbiamo condiviso è stato, a nostro avviso, particolarmente significativo e degno di essere raccontato ad altri.

Massimo per noi era un uomo d’altri tempi, senza essere un uomo del passato. Tutt’altro.

Massimo ha percorso i nostri tempi vivendo uno strano destino che ha deciso di collocarlo in un sistema vecchio, come quello della scuola e della formazione, con una visione innovativa e “rivoluzionaria”; e noi con lui ne abbiamo condiviso estro e genialità.

È stato dunque un uomo del futuro che ha vissuto i suoi anni con anticipo rispetto alla realtà; questo ne ha fatto uno sperimentatore, un innovatore, un ricercatore di nuove soluzioni, un moderno pioniere. Per certi versi un genio incompreso.

Incompreso perché vicino alla realtà e ai bisogni delle persone, più che interprete scolastico di teorie e dottrine. Chi interpreta i bisogni partendo dall’analisi concreta, e non da sistemi dottrinali stereotipati, e cerca di soddisfarli nel segno dell’umano e delle sue necessità e urgenze, sarà sempre un incompreso, sarà sempre un ‘estraneo al sistema’. Questa lontananza dal sistema ha portato Massimo vicino alle persone e alla loro realtà e vicino ad amici e colleghi che, come lui fece, hanno scelto l’umano come orizzonte su cui proiettare le scommesse del loro agire.

In questo senso, Massimo è stato un educatore di libertà, consapevole che solo questa determina la costruzione di maturità utili alla formazione dei nuovi uomini.

Un educatore di libertà soprattutto verso i suoi ragazzi e anche nei confronti di tutti coloro che ha incontrato e incrociato. Per certi versi un utopista.

Buona parte di coloro che hanno incontrato Massimo, decidendo poi di condividere una parte del suo percorso, sono stati contagiati dall’utopia. Ci siamo lasciati tutti prendere dalla semplicità con cui Massimo indicava la soluzione delle cose più complesse, il superamento dei percorsi più tragicamente dogmatici, la risoluzione dei problemi causati dalla sedimentazione d’interessi lontanissimi dai problemi che si candidavano a risolvere.

Le sue parole d’ordine erano “democrazia”, “libertà”, “inclusione”, “cittadinanza attiva”. Su queste parole d’ordine ha costruito la sua vita, la sua umanità ed il suo agire professionale. Con queste parole d’ordine ha “contaminato” il suo spazio lavorativo e i suoi amici.

Il suo eclettismo era straordinario al pari dei suoi interessi e delle sue conoscenze di cose, teorie e umanità. Solidarietà, fratellanza ed altruismo erano per Massimo più che semplici enunciazioni di buoni propositi. La sua grande originalità risiedeva nel coniugare tutto questo con una profonda riflessione teoretica nel campo dell’educazione e della formazione. Questo è il motivo per cui il suo pensiero è così innovativo, così rivoluzionario e così pericoloso. Questo è il motivo per cui Massimo non è passato inosservato nel suo cammino tra noi.

Ci siamo chiesti perché a un certo punto le nostre vite si siano incontrate: forse una spiegazione c’è. Come lui abbiamo condiviso visioni sistemiche diverse dalla piatta realtà, abbiamo condiviso un percorso di cultura politica ideologicamente non dogmatica ma aperta alla curiosità, alla continua ricerca di quelle libertà (di stile, di cultura, di conoscenze e di saperi) che distinguono veramente un “uomo libero” tra gli uomini.

Uno strano caso del destino ha deciso che tre uomini con queste stesse incredibili tracce di sperimentatori e innovatori, e per questo motivo “fastidiosi rivoluzionari”, dovessero incontrarsi, non solo nella vita ma anche nella realizzazione di utopie al servizio di chi aveva bisogno di trovare la sua collocazione nel mondo.

Con differenti percorsi di vita, con diverse esperienze professionali (scuola, formazione, università), con differente età, con differenti condizioni di “solitudine” professionale e anche politica ci siamo confrontati sulle idee e ci siamo scoperti simili.

Il lavoro comune per la realizzazione di un progetto (Eraclito) ha sancito questa straordinaria esperienza di “scambio” che ha consentito di costruire un’irripetibile (oggi più che mai) sperimentazione.

L’obiettivo principale che il progetto intendeva realizzare era quello di individuare un percorso in grado di sostenere un processo di orientamento (e quindi di formazione e d’integrazione sociale) verso campi d’intervento inesplorati o, se già esistenti, innovativi ed inclusivi.

Un progetto che introduceva, in realtà, la “destrutturazione” del sistema della formazione e la sua (ri)articolazione (strutturazione) su processi formativi innovativi che tenessero conto dell’acquisizione di “competenze” senza rinunciare ad una analisi che comprendesse quali siano state, e sono, le trasformazioni del sistema lavoro.

Il progetto ha sperimentato la metodologia formativa per competenze destrutturando i vecchi percorsi, consolidati, delle teorie organizzative taylorista e fordista basate, essenzialmente, su un sistema produttivo standardizzato e immutabile al quale corrispondeva un sistema pressoché immutabile di offerta formativa.

La destrutturazione del percorso individuava “skill” professionali acquisibili senza l’obbligo della cronologia stabilita dai vecchi percorsi formativi e, inoltre, appartenenti a differenti contesti formativi in modo da arricchire e completare un’offerta altamente innovativa e sperimentale. Una rivoluzione che modificherebbe l’intero sistema. Massimo ne era entusiasta.

Di fronte alle molteplici criticità e difficoltà che abbiamo dovuto affrontare e risolvere il suo sorriso sornione rappresentava il chiaro segnale che il nodo era stato individuato e risolto. Insieme ci abbiamo creduto ed ancora ci crediamo.

Soltanto alla fine abbiamo capito che l’ultimo problema sarebbe stato irrisolvibile, ma non era un problema come i tanti che abbiamo affrontato. Insieme lo avremmo, ancora una volta, risolto. Quel problema gli è stato fatale.  

È per questo che oggi, pur continuando a lavorare per affermare la necessità di destrutturare il sistema educando alla libertà, come lui ci ha insegnato, ci sentiamo più soli.

 

Gianni De Falco è coordinatore generale delle attività dell’Ires Campania, Istituto Ricerche Economiche e Sociali.

Stefano Dumontet è docente universitario presso il Dipartimento di Scienze per l’Ambiente dell’Università per gli Studi di Napoli “Parthenope”