Un articolo per la rivista BIO's sulle Competenze verticali.

Competenze verticali e, cioè, di base.

Giovanni De Falco, presidente Ires Campania

 

La necessità di acquisire competenze per affrontare il mercato del lavoro è cosa oramai acquisita e come acquisirle è materia di discussione circa le metodologie più adatte, i soggetti che potrebbero erogarle, i saperi più giusti per definirle, e così via.

In questo articolo vorrei affrontare un tema molto a cuore per chi opera nel settore della ricerca e dell’alta formazione e che, in vario modo, ha intrecciato le proprie esperienze con giovani studenti sulla via della laurea o già laureati che partecipano ad attività di stage o tirocinio.

La questione che vorrei affrontare è quella della mancanza di sette elementi fondamentali delle competenze di base.

David Edward Goldberg (nato nel 1953) è un ingegnere informatico americano, noto per i suoi studi sugli algoritmi genetici (con più di 500 articoli pubblicati e il libro “Genetic Algorithms for Search, Optimization, and Machine Learning” che è uno dei libri più citati nel campo dell’informatica), fondatore della «threejoy consultancy» per un cambio progressivo (non brusco) in un’era creativa.

Goldberg nella sua attività ventennale con gli studenti (ingegneri) ha individuato le sette competenze di base mancanti. La curiosità di ricercatore mi ha spinto, dopo averle conosciute, a verificare la bontà di questa sua teoria attraverso il rapporto con numerosi giovani studenti e o laureati che in questi anni hanno frequentato il nostro istituto.

Sono rimasto molto colpito da questa esperienza e per il fatto che, alla fine, ho condiviso in pieno questa deficienza di competenze. Passo in rassegna senza però dare priorità, minore o maggiore importanza alle varie voci, sono elencate secondo la mia memoria.

Prima competenza di base, assolutamente insufficiente: incapacità di porre le domande appropriate, incapacità di indagare un problema; difficoltà a comprendere gli interlocutori.

Tra le prime e più importanti attività di un ricercatore c’è quella di realizzare interviste, sia in maniera diretta, sia attraverso l’uso di questionari. E’ una tragedia.

La difficoltà di creare una scaletta guida per l’intervista (se realizzata direttamente, nella modalità classica), la difficoltà a creare un questionario seguendo sequenze logiche e poi interpretare le risposte degli interlocutori rappresentano una difficoltà, per alcuni, insormontabile.

Seconda competenza di base scarsamente in possesso di molti: incapacità di chiamare le cose, spesso ignoranza dei termini tecnici comunque appresi lungo l’esperienza formativa e o didattica, confidenza solo con categorie e oggetti familiari che vengono a volte citati, a sproposito, nelle descrizioni tecniche e professionali, un elenco a volte incomprensibile di esempi per sopperire a questa incapacità.

Terza competenza di base scarsamente rilevabile: incapacità di modellare concettualmente sia come lista di tipi/categorie (a volte sembra impossibile riuscire a determinarne l’appartenenza stessa), sia come lista causale (prima di tutto, due oggetti considerati come causa ed effetto sono contigui; anche quando pensiamo che due cose fra loro distanti possano essere in un rapporto di causa-effetto, esaminandole bene ci accorgiamo che, in realtà, sono unite da una catena di cause contigue, sia tra loro sia tra gli oggetti distanti. In secondo luogo, una causa precede sempre il suo effetto… ma vallo a spiegare).

Quarta competenza latitante: incapacità di scomporre un problema grande in una serie di problemi più piccoli. Derivante forse dalla difficoltà di comprendere e individuare il problema principale da qui la difficoltà a scomporre qualcosa che non si capisce. A ben guardare questa mancanza di competenza deriva un po’ da quella precedente.

Quinta competenza: incapacità di raccogliere dati. Se non si comprendono i problemi, se non si sanno modellare concettualmente le cose, ben difficilmente si sapranno individuare i dati da raccogliere per effettuare una ricerca. Dati, per intendersi, non soltanto di natura numerica (statistica) ma anche concettualistica. Una carenza di empirismo, di mancanza di intuito.

Sesta competenza, particolarmente sofferta da chi scrive: incapacità di visualizzare i problemi, di fare schizzi e diagrammi che possano aiutare a descrivere un sistema o un processo logico, a visualizzare attraverso una sintesi grafica gli aspetti generali di un processo cognitivo, la soluzione al problema. Manca, nella sostanza, una educazione grafica.

Settima ed ultima competenza, ma non necessariamente ultima nell’ordine: incapacità comunicativa sia scritta che orale, misurata per esempio nella incapacità di prodursi in presentazioni professionali di progetti ai quali si è partecipato o, paradossalmente, nella presentazione di se stessi, delle proprie capacità professionali, delle proprie competenze. Incapacità a scrivere un report. Quanti ne ho letti dove ogni tre parole si ripeteva il termine «cioè»… cioè voglio dire… cioè abbiamo dimostrato… cioè penso… cioè dico… un ripetersi incessante e noioso a favore di chi non capisce (spesso è lo stesso scrivente) per ripetere, senza un senso provato, concetti, più o meno definiti. Il termine «cioè» serve appunto a sottolineare che, evidentemente, il concetto espresso è debole, indecifrabile… cioè, è meglio che lo ripeta.

Questo esercito di «cioè» dovrà misurarsi con l’acquisizione di competenze digitali, di Hard skill, di Soft skill… Avere delle competenze verticali rilevanti sarà la chiave del lavoro di domani.

La scuola non può più essere un’istituzione separata dal resto della società, ed in particolare dal mercato del lavoro, ma oggi più che mai deve essere integrata come spazio dove allenare costantemente curiosità, creatività e intraprendenza, oltre che apprendere quelle conoscenze ed esperienze, quelle competenze verticali e di base, le fondamenta del nostro sapere e del nostro castello di competenze.

Si tratta, cioè, di saper accogliere le naturali dinamiche dell’evoluzione come avviene, cioè, nel gioco dove, cioè, chiunque può qualificarsi e riqualificarsi, cioè, in funzione delle opportunità o delle esigenze, cioè, del mercato del lavoro.