La prima fila (e qualche idea per il Recovery plan).

La prima fila (e qualche idea per il Recovery plan).

Gianni De Falco, presidente Ires Campania, coordinatore AIM

 

mario-draghiE’ stata coinvolta la prima fila. Meglio di quanto ha fatto Mattarella con l’individuazione di Draghi non sarà possibile. Vedremo cosa diranno i partiti, che sanno che l’alternativa sono soltanto le elezioni, per molti onorevoli rappresentanti l’occasione di tornare a fare il lavoro che facevano prima, per alcuni il ricorso al solo reddito di cittadinanza.

Ci vorrà un programma condiviso che dovrà puntare su tre obiettivi: crisi sanitaria, fino alla vaccinazione di una buona parte della popolazione in tempi velocissimi, crisi economica ed attenuazione se non eliminazione delle disuguaglianze.

Tutti e tre gli obiettivi aiutandosi con le risorse del Recovery plan, ma anche con i vituperati prestiti Mes. Ma Draghi non può correre il rischio che tale progetto diventi un altro libro dei sogni. Per questo va accompagnato da una pianificazione degli obiettivi e dei tempi di attuazione, in maniera che si possano avere i singoli step da raggiungere, con i tempi relativi, accompagnati da procedure di verifica dei risultati.

Un approccio molto diffuso nelle aziende dalle quali sicuramente questa fase governativa dovrà prendere le best practice, che l’ex governatore conosce bene.

Tutto questo dovrebbe riguardare la riforma giudiziaria, probabilmente anche quella della pubblica amministrazione, con un occhio attento da lontano, ma non distaccato alla riforma elettorale. Cambiamenti costosi che non possono essere attuati senza che vi siano dedicate risorse importanti.

Per quanto attiene al Mezzogiorno evidentemente non può che avere vantaggi da semplificazioni amministrative, piuttosto che da una giustizia penale ed amministrativa più veloce.

Ma vi è un elemento fondamentale sul quale bisognerà puntare l’attenzione: si tratta del mondo del lavoro, l’elemento di crisi della società meridionale, la madre di tutte le battaglie, sulla quale dovrebbe concentrarsi l’attenzione del nuovo Governo che verrà, che, siamo fiduciosi, andrà a costituirsi, considerato che quello della eliminazione delle disuguaglianze è il tema sul quale si è concentrata l’Unione e che ha permesso all’Italia di avere la disponibilità più ampia di risorse rispetto a quella di tutti gli altri Paesi.

Per questo un Recovery Plan che abbia la possibilità di raggiungere gli obiettivi indicati deve articolare il suo goal della occupazione al Sud per branche di attività, ma anche per Regioni.

Mi spiego meglio. Mi pare importante che si dettagli un progetto che preveda quali sono le branche che potranno dare risposte. Per evitare soprattutto, come già avvenuto con le prime bozze del Ricovery, presentate da Conte, che ci si illuda che il Mezzogiorno possa essere esclusivamente agricoltura e turismo.

Perché è noto a tutti che l’agricoltura è destinata a perdere ancora addetti, anche se aumenterà il suo Valore Aggiunto, mentre il turismo può creare posti di lavoro, ma in una percentuale inadeguata alle esigenze dei territori, che quindi vanno quantificate con obiettivi di presenze turistiche molto articolate per Regioni, non dimenticando che complessivamente tutto il Mezzogiorno ha presenze equivalenti al solo Veneto.

E individuando anche gli strumenti necessari per raggiungere gli obiettivi proposti. Come per esempio un certo numero di Zes turistiche, prevedendo una normativa apposita per consentire l’attrazione di investimenti delle grandi catene internazionali.

Non dimenticando, però, che l’obiettivo vero è quello della industrializzazione del Mezzogiorno, ritornando ai motivi fondanti della costituzione della Svimez.

Ma l’attenzione maggiore dovrà essere concentrata sull’attrazione degli investimenti dall’esterno dell’area, unica possibilità vera di creare un numero di posti consistenti e di far contribuire in modo adeguato il Mezzogiorno alla produzione del Pil, proporzionato alla dimensione demografica e territoriale di tale area, e farne una seconda locomotiva di un Paese che arranca.

Le Zes manifatturiere, ormai varate da anni, non decollano sia per carenza di attenzione da parte dei due ultimi Governi (giallo-verde e giallo-rosso), sia per carenza di risorse dedicate.

Riprendere il cammino di tale progetto, unico che può far avvicinare in un progetto a medio termine l’obiettivo di far lavorare quasi due persone su quattro, anche nel Mezzogiorno, e frenare quel processo emigratorio che provoca un salasso demografico di 100.000 persone formate, con un costo per il Mezzogiorno di circa 20 miliardi, dati dalle risorse impegnate per la loro formazione.

Ovviamente è necessario lavorare con le infrastrutture a disposizione, ma accelerando il progetto che prevede l’Alta Velocità che finalmente colleghi Salerno a Reggio Calabria (e in proiezione con  Augusta), ancora da finanziare, e Napoli a Bari con un progetto già molto avanti ma che va velocizzato.

Tale approccio va articolato per Regioni in funzione della loro popolazione, sapendo che la Campania è la regione più popolata, seguita da Sicilia e Puglia, ma che anche certamente il lavoro potrà crearsi anche in “poli” regionali e locali prevedendo anche spostamenti, se necessari.

A fianco a tale indirizzo quello di rilanciare la Piattaforma logistica del Mediterraneo che ha due obiettivi, entrambi chiari all’Unione europea. Uno, di riprendere il controllo del Mediterraneo da parte dell’Europa perso a favore della Turchia, della Russia e della Cina (invasore di campo), che tentano di averne il controllo tramite alleati rivieraschi (la Cina in maniera diretta con il Porto del Pireo, gestito come territorio cinese in Grecia), ma anche quello di avere porti frontalieri con Suez, parlo di Augusta, di Gioia Tauro e Taranto (altro che Genova e Trieste), che permettano di attrarre le maxi porta-containers provenienti dall’Estremo Oriente e concorrere con Tangeri, diminuendo l’inquinamento che inevitabilmente la lunga percorrenza di tali imbarcazioni fino al Marocco o peggio fino a Rotterdam ed Anversa (che sono sul Mare del Nord, ma che vengono definiti Porti del Mediterraneo) provoca.

Nel settore logistico il numero di posti di lavoro che possono essere creati è nell’ordine delle centinaia di migliaia, se si lavora in modo serio.

Insomma, un progetto che non si nasconda dietro a motivazioni tipo che il Sud non si sviluppa perché manca la classe dirigente, cosa vera ma che è un elemento del problema.

Progetto che metta sul piatto risorse consistenti, sottraendole, se sarà il caso, anche a qualche quarta corsia di una “indispensabile” autostrada della Brianza.