Autonomia differenziata e clandestina.

Autonomia differenziata e clandestina.

Gianni De Falco. Presidente Ires Campania. Coordinatore AIM.

 

Come per altri recenti provvedimenti, senza alcuna trasparenza e in difformità con la Carta Costituzionale, anche l’Autonomia differenziata viene ad essere recuperata all’interno del Documento per l’Economia e la Finanza con un collegato (poco più di una nota aggiuntiva) che non trova alcuna paternità, nessuno sa chi l’abbia inserita ma nessuno pare sia disposto ad alienarla. È quanto meno strano che ciò avvenga in questa modalità clandestina. 

Con un colpo di mano viene rimessa in pista, corre il rischio di una approvazione a maggioranza… chi avrà il coraggio di rifiutare la fiducia al signor Draghi?

Vi sono due problemi in questo approccio: uno di merito e uno di metodo. 

Per quanto riguarda il metodo è veramente incredibile che un collegato così importante passi attraverso un giochino delle tre carte. Il 29 settembre non c’era, spunta il 30 settembre.

È intollerabile che venga inserito come collegato alla legge di bilancio e, poi, con un colpo di mano di così bassa lega.

Superato il metodo andiamo al merito. Dopo che per anni si è lavorato sulla spesa storica costruendo un Paese di serie A ed uno di serie B, con servizi completamente diversi che prevedono che in uno vi sia il tempo pieno a scuola e nell’altro non sia previsto, vogliamo affermare che tutto questo sia legittimo? Vogliamo stabilire che i cittadini meridionali sono cittadini di serie B in un paese disuguale? Questa è l’autonomia differenziata che viene proposta.

Cambia il principio che il riferimento siano i cittadini uguali in qualunque parte dell’Italia essi risiedano e si fa avanti il principio che, invece, ogni territorio, ogni Regione si tiene fondamentalmente le risorse che produce, tranne a contribuire con una mancetta alle regioni più disagiate.

Cambia totalmente la prospettiva e non si capisce, a questo punto, quale sia il vantaggio di stare in un Paese in cui non si hanno gli stessi diritti che si godono in alcune parti, mentre si hanno gli stessi doveri di contribuzione alla costruzione ed alla difesa di un Paese unico. Mi chiedo se unico lo sia ancora.

La determinazione con la quale il presidente della Regione Veneto Luca Zaia con la complicità di Fontana (Lombardia) ma anche di Stefano Bonaccini (Emilia Romagna), che tiene il sacco del furto che si va consumando, è pari alla mancanza di visione complessiva che il protettore della nuova nazionalità, che è quella veneta, va predicando.

Un punto di vista, se si guarda agli interessi spiccioli di una realtà contenuta di 5milioni di abitanti, che con i lombardi e gli emiliano-romagnoli arrivano a circa 20milioni, che porterebbe importanti risorse nelle casse di tali regioni ed in ogni caso renderebbe legittimo quello che finora, rispetto alla Costituzione italiana in vigore, poteva essere definito un vero e proprio scippo. Ormai da anni il principio costituzionale dell’uguaglianza dei cittadini di fronte allo Stato è rimasto assolutamente inattuato (vedasi anche tutte le deliberazioni afferenti al sistema vaccinale anti Covid).

Da tempo si va avanti sulla base della spesa storica che afferma il principio, discutibile, che se più hai avuto più devi continuare ad avere.

Un principio che ha dimenticato che nascere in una qualunque parte d’Italia dovrebbe essere irrilevante rispetto al diritto di ricevere servizi analoghi (si chiamano Diritti di cittadinanza). Per troppo tempo, come ormai è stato dimostrato, nascere al Sud è stata una disgrazia rispetto al diritto di avere asili nido, scuole, sanità, diritto alla mobilità, occupazione. Tutti diritti sanciti dalla nostra Costituzione (ampiamente disattesi ancora oggi). Questa Autonomia, oltretutto, alimenterà fortemente anche una differenziazione tra salari e diritti tra lavoratori meridionali e nordisti.

A costanza di legislazione si poteva rimanere a bocce ferme rispetto a tale problematica? Evidentemente no. È necessario quindi che si passi dal diritto individuale allo stesso trattamento ad un principio totalmente diverso e cioè che siano i territori nella loro dimensione regionale che abbiano diritto a mantenere in loco le risorse che producono. Piccoli stati che possono legittimamente, in un’Europa in cui vi sono nazioni come la Croazia o la Slovenia, con meno di 5milioni di abitanti, aspirare a farsi Stato.

Si tratta dell’approccio opposto di quello che ha avuto la Germania, che ha voluto unificarsi rispetto alla ex DDR, di 17milioni di abitanti, per costruire un unico Stato forte e coeso di 80milioni di abitanti. 

Vi sono esempi che sono andati in direzione opposta, basta guardare a quello che è accaduto alla ex Cecoslovacchia che è diventata Repubblica Ceca e Slovacchia rispettivamente di 11milioni e 5milioni di abitanti, la strada intrapresa con l’autonomia differenziata è molto più vicina a quella dell’ex Cecoslovacchia che a quella della Germania, si abbia però il coraggio di chiamare le cose come stanno.

Se pensi che ogni territorio debba tenere le risorse che produce e poi contribuire con delle somme allo sviluppo delle altre regioni, in fin dei conti si attua quel meccanismo oggi in vigore nell’Unione Europea. Infatti la Polonia riesce ad avere dei contributi da parte dell’Unione per avere uno sviluppo accelerato della propria realtà. 

Anche l’Italia con Next Generation UE è destinataria di un approccio analogo. Legittimo in un’Europa di Stati che prevalga tale approccio. Ma se invece si vuole parlare ancora di un Paese Italia, allora non si può non capire che l’approccio veneto, lombardo, emiliano-romagnolo è devastante.

Nel silenzio delle regioni meridionali e dei cittadini del Mezzogiorno (che però non hanno alcuna informazione in merito), che dall’autonomia differenziata avrebbero lo svantaggio di rimanere con le risorse proprie, estremamente contenute e limitate, a gestire un processo di sviluppo ritardato, che ormai dall’Unità d’Italia non si riesce a riavviare.

Errore di visione, più che una impostazione egoista, da parte di una classe dirigente del Nord Italia inadeguata rispetto ai grandi statisti che pure ha espresso come, per esempio, De Gasperi. 

Soprattutto negli ultimi anni l’Italia, dopo essere è stato uno dei Paesi fondatori dell’Unione, ha contato sempre meno nel contesto europeo, anche perché il nostro sistema di governo prevede che l’interlocutore cambi tantissime volte in una legislatura (in questa siamo già a tre) mentre gli altri hanno leader alla Merkel che durano nel tempo, immaginiamoci cosa conteremmo se ci presentassimo al tavolo delle decisioni europee da piccole regioni, staterelli, anche se con produzioni di PIL interessanti.

Il Veneto diventerà un’appendice della Baviera (c’è sempre qualcuno che diventa Sud per altri) per la quale potrà continuare a produrre semilavorati per l’industria tedesca. 

Francamente non mi pare una prospettiva interessante.