I disperati del Sud e la classe dominante.

I disperati del Sud e la classe dominante.

Gianni De Falco, presidente Ires Campania

 

La boutade di Beppe Grillo di abolire il Parlamento per una democrazia diretta non viene presa sul serio (per fortuna, di questi tempi non sai mai come potrebbero mettersi le cose... magari con un referendum...). Ma il tema di una democrazia malata esiste e riguarda come superare il problema, in particolare al Sud, dell'esistenza, accanto a politici di livello, anche di una classe dominante estrattiva, spesso collusa con la criminalità organizzata o con il peggio della società, che riesce a utilizzare le tecniche del voto per avere quel consenso necessario per non perdere la gestione del potere, che condiziona con la sua forza di fuoco anche coloro che vorrebbero una gestione diversa del consenso, oltre a non permettere la selezione dei migliori, permettendo invece una selezione perversa. Peraltro, alcune volte, con un accordo scellerato con i partiti nazionali, che sanno che perdere quella parte di consenso significa spesso essere battuti alle elezioni.

Infatti, nel trasformismo che riguarda molti di costoro, il passaggio da destra a sinistra è totalmente indifferente. Lo strano è che anche i loro elettori vengono trasferiti da un partito all'altro con molta disinvoltura, quasi fossero patrimonio privato.

Per cui può accadere, per esempio, ad un politico nostrano, Severino Nappi, avvocato e docente universitario, di navigare a vele spiegate dalla segreteria napoletana dei DS all'UDEUR, traslocare in Forza Italia e poi nel PdL per giungere, in ultimo, alla Lega e, magari, essere eletto consigliere regionale.

Simili avventure per altri politici campani (p.e. Michele Pisacane, Giuseppe De Mita, Sommese, Trombetti, Sica) che hanno attraversato l'arco costituzionale o fatto vari salterelli a destra e a manca o al contrario.

Adesso veniamo da una tornata elettorale che ha visto la vittoria di due candidati del centro sinistra in due regioni del Mezzogiorno, con 15 liste ciascuno per attrarre tutto il consenso possibile. Qualcuno potrebbe dire che tante liste rafforzano il pluralismo. Qualcun altro che determinano eccesso di frammentazione e pericoli di microinteressi clientelari o, come ha affermato De Luca, consentono un largo consenso cha va da sinistra a destra, contento lui.

Certo è che al di là del caso specifico, che fa molto riflettere, il vero problema del Mezzogiorno è la mancanza di classe dirigente e la presenza di una classe dominante.

La differenza è fondamentale, perchè la classe dirigente pensa al bene comune, mentre la classe dominante al bene dei propri clientes (a volte anche soltanto del proprio). E in genere si accontenta di avere dal centro delle mancette, che per i propri parrocchiani sono sempre delle somme importanti. Che poi non arrivino le vere risorse per l'infrastrutturazione o per la sanità o per le scuole interessa poco. Se tali fondi soddisfano le esigenze dei loro amici, cosa che consente la loro permanenza al potere, non importa il resto.

Per cui nel Mezzogiorno alla fine vi sono solo due categorie: quella dei protetti e quella dei disperati.

I primi hanno possibilità di lavoro, di affari, hanno un tenore di vita e privilegi, gli altri sono quelli che sono costretti ad emigrare o a vivere di reddito di cittadinanza: l'elemosina non cancella la povertà e con i sussidi non si superano le crisi.

Anche se stufa di tale situazione, la maggioranza non riesce a coagularsi in movimenti e partiti, ma, dispersi, costituiscono anche loro massa non organizzata che consente alla classe dominante di permanere al potere. Il risultato di questo andazzo è quello che vediamo: una regione con un elevato rischio di povertà, insieme a Sicilia e Calabria, tra i più alti d'Europa.

Purtroppo sul centralismo molti hanno correttamente grandi riserve, perchè hanno paura che lo Stato si riveli altrettanto corrotto e patrigno. L'unica speranza che rimane è quindi un'Europa che cominci a farsi sentire e dia il ritmo, come sta facendo in parte con il "Recovery Plan" (Next Generation EU), ma che dovrebbe continuare in tale approccio introducendo anche la sostituzione dei poteri, invece che il disimpegno automatico, per quanto attiene ai Fondi strutturali.

Le preferenze, tanto richieste nella possibile nuova legge elettorale se introdotte, peraltro aggravano il problema. Sono previste nelle elezioni regionali e non mi pare che la situazione sia stata migliore che nelle elezioni politiche. Ma è questo meccanismo che bisogna rompere per far tornare la democrazia in molte parti d'Italia dove in parte è sospesa. Oggi è finta, se consente ad una classe dominante, che ha fallito in modo totale (e i dati sulla povertà lo confermano), di permanere, cambiando casacca, a gestire il potere regionale e le rappresentanze nazionali.

Le formazioni politiche, anche quelle che vogliono rappresentarsi col volto buono, spesso, non potendo fare a meno dei loro voti cooptano gruppi e personaggi, come dimostrato dai numerosi impresentabili candidati nelle liste e, come prima si diceva, dalla stessa numerosità di liste a sostegno di un candidato.

Certo la scuola, la formazione e lo sviluppo sono il miglior antidoto al sistema pseudo sud-americano al quale sempre più ci avviciniamo, ma mentre aspettiamo Godot qualcosa bisognerà pur fare.