La tutela del lavoro, la riduzione della precarietà, la garanzia di un reddito minimo

La tutela del lavoro, la riduzione della precarietà, la garanzia di un reddito minimo

A cura di Gianni De Falco, presidente Ires Campania.

tratto da: In salute, giusta, sostenibile. Ripensare l'Italia dopo la pandemia. sbilibri21. 2020.

 

Il lavoro non è una merce. Dev’essere questo il punto di partenza per ricostruire le politiche del lavoro, in quattro dimensioni essenziali.

 

La prima, è la tutela dell’occupazione durante la crisi e la creazione di nuovi lavori in attività come quelle descritte nei due punti precedenti. Molti dei posti di lavoro attuali andranno persi e per questo è necessaria un’Agenzia per l’industria e il lavoro che intervenga per far ripartire le imprese messe in ginocchio dalla crisi, ne rilanci le produzioni, operi come datore di lavoro di ultima istanza.

L’intervento pubblico e i finanziamenti ai privati per nuove iniziative devono essere concentrati nelle attività di qualità sopra delineate, con alta produttività, alti salari e adeguate tutele del lavoro. I nuovi investimenti devono essere distribuiti in modo da offrire opportunità di lavoro soprattutto nelle regioni del Mezzogiorno e nelle aree periferiche più colpite dalla crisi. In parallelo, l’occupazione nel settore pubblico va allargata con un milione di assunzioni, attraverso concorsi, in tre anni, per compensare, non solo nella sanità, le perdite di personale dovute al mancato rinnovo del turnover e per disporre delle nuove competenze necessarie a uno sviluppo di qualità del paese guidato da un nuovo intervento pubblico. Un modo ulteriore per mobilitare le energie dei giovani senza lavoro è coinvolgere 200 mila giovani l’anno nel servizio civile nazionale, specie nelle attività che aumentano la solidarietà sociale, la sostenibilità ambientale, la partecipazione.

 

La seconda, è la riduzione della precarietà come aspetto chiave, che in vent’anni è passata dal 12 al 24% dei lavoratori dipendenti del settore privato. Occorre discutere la proposta volta a ridurre le forme contrattuali a quelle essenziali: il tempo indeterminato, il tempo determinato (con maggiori vincoli di quelli attuali), le possibilità di part-time, l’apprendistato, la collaborazione continuativa e occasionale. Va reintrodotta la tutela dal licenziamento prevista dall’articolo 18. In questa cornice è necessario l’aggiornamento della legislazione sul lavoro inserendo la garanzia di eguali diritti fondamentali per tutti i lavoratori, a prescindere dalla tipologia di rapporto di lavoro. Deve essere drasticamente ridotto il precariato nelle pubbliche amministrazioni e nei servizi pubblici. La stabilità dei contratti di lavoro deve essere un criterio rilevante nella concessione di finanziamenti pubblici alle imprese. Allo stesso tempo occorre pensare alla riduzione dell’orario di lavoro a parità di salario, utilizzando sgravi fiscali e altre misure, sia per estendere l’occupazione, sia per favorire la conciliazione tra tempi di vita e di lavoro.

 

La terza, la tutela dei salari è un’esigenza essenziale. Tra i lavoratori dipendenti del settore privato solo il 10% con i redditi più alti ha mantenuto il potere d’acquisto in termini reali che aveva 25 anni fa, tutti gli altri si sono impoveriti, con una perdita che è stata del 20% per il 25% dei lavoratori con i salari più bassi.

Occorre rafforzare la contrattazione nazionale, limitando quella aziendale, e introducendo la validità erga omnes dei contratti collettivi di lavoro firmati dalle organizzazioni sindacali maggiormente rappresentative.

Occorre rafforzare il ruolo del sindacato con una legge sulla rappresentanza sindacale per stabilire in base al voto dei lavoratori quali sono i sindacati maggiormente rappresentativi.

Occorre introdurre un salario minimo agganciato ai minimi previsti dai contratti nazionali, avvicinando i livelli di diverse categorie, in modo da offrire una tutela anche ai lavoratori non coperti dai contratti nazionali.

La garanzia di un reddito minimo va introdotta al di là dell’emergenza, colmando la lacuna maggiore del nostro sistema di welfare universale. La pandemia ha mostrato i “buchi” ancora presenti nel nostro sistema di tutela dei redditi e lotta alla povertà. Al di là di interventi temporanei come l’estensione del cosiddetto reddito di cittadinanza e il “reddito di quarantena”, occorre rinnovare ed estendere il reddito di cittadinanza eliminando la componente legata alla ricerca di un lavoro e assicurando in particolare la copertura di tutti i cittadini in condizioni di povertà assoluta.

 

La quarta: La tutela del reddito minimo riguarda anche i pensionati. Le riforme pensionistiche degli ultimi anni, con il passaggio al sistema contributivo, garantiscono una pensione dignitosa solo ai lavoratori con elevate contribuzioni e un rapporto di lavoro continuativo. Il sistema pensionistico, l’assegno sociale e la “pensione di cittadinanza” vanno ridefiniti e ampliati per garantire a tutti i pensionati un reddito dignitoso. Questi interventi sono strumenti essenziali per la riduzione delle disuguaglianze.