Impresa sociale, innovazione e legalità

Pasquale Iorio, Impresa sociale, innovazione e legalità, introduzione di Achille Flora
Saggi e contributi di: A. Flora, G. Allucci, A. Ascione, E. Calabrò e R. Passaro, A. Calvaruso, E. Corti e D. Costantini, A. De Felice, U. Di Girolamo,V. Esposito, G. Festa e C. Massa, L. Frigerio, E. Giustino, A. Lepore, L. Melillo,V. Morgera e S. Ricciardi, AM Orlando, PL. Lo Presti, R. Natale, M. Raffa, L. Rao, B. Schettini.
Ediesse, Roma, 2010, € 13,00.

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Il legame virtuoso tra impresa sociale e sviluppo dei territori è multidimensionale. È noto che l’impresa sociale persegue una finalità sociale, eticamente condivisibile, favorisce processi di costruzione di capitale sociale, ottiene e concede credito sulla base della fiducia e dell’appartenenza alla comunità locale, investe in capitale umano, promuove la partecipazione delle donne al mercato del lavoro1, aiuta la conciliazione tra cura della famiglia e impegno professionale attraverso forme flessibili di organizzazione e divisione del lavoro, sopperisce alle lacune del welfare state tradizionale attraverso prestazioni personalizzate rispetto a esigenze eterogenee e mutevoli nel tempo, produce beni relazionali che possono suscitare processi di emancipazione e reciprocità, è incline all’innovazione anche e soprattutto di tipo relazionale attraverso il crowdsourcing, contrasta l’attività criminale delle mafie locali e opera per diffondere un clima di legalità, contribuendo allo sviluppo territoriale e alla crescita civile, sociale ed economica dei contesti in ritardo di sviluppo.

A fronte di tali vantaggi, gli aspetti perversi stigmatizzati dalla teoria delle organizzazioni sono tutt’altro che trascurabili: dipendenza dai finanziamenti pubblici, collusione e corruzione con il sistema politico locale, irregolarità nei rapporti contrattuali, sfruttamento e precarizzazione del lavoro, segregazione orizzontale del lavoro femminile, bassa produttività e qualificazione professionale, scarsi incentivi all’innovazione tecnologica, connivenza con la criminalità organizzata, rafforzamento delle condizioni di trappola culturale, sociale ed economica nei territori in ritardo di sviluppo. 
Questa la teoria …e la pratica? Qual è l’esperienza che finora si è dispiegata sotto i nostri occhi? In che misura è vero che l’impresa sociale riesce ad innescare circuiti virtuosi di innovazione, legalità e sviluppo nelle aree più economicamente svantaggiate in cui la criminalità organizzata ha esteso il suo dominio sul territorio?
Il volume curato da Pasquale Iorio – dal titolo: “Impresa sociale, innovazione, legalità” di Ediesse – affronta questa questione nel contesto della Regione Campania. Il volume non considera l’impresa sociale come categoria giuridica, economica e sociologica2, ma presenta una serie di casi e di esperienze che restituiscono al lettore la multiforme fenomenologia dell’ “impresa sociale” nei contesti nostrani. Il processo epistemologico che si dipana è inverso: non si definisce in teoria che cosa è un’impresa sociale.
A partire dall’analisi di Achille Flora sul settore no-profit, o dalla descrizione di Elia Calabrò e Renato Passaro dei progetti di microcredito sociale in provincia di Caserta e nel quartiere Sanità del Comune di Napoli, il lettore è condotto attraverso un percorso talora appassionante talora sorprendente tra le esperienze più rilevanti finora condotte nella Regione Campania. La fotografia che emerge riflette l’eterogeneità dei contesti e le conclusioni avanzate colgono i tratti delle multiformi realtà campane facendo intravvedere inedite vie d’uscita per superare i vincoli esistenti. Il taglio è pragmatico: le esperienze raccontate mostrano esempi da emulare – come il caso della Geosystems Group di Benevento – e soluzioni da sperimentare – come l’invito di Innocrowding-Noi di Napoli rivolto alle imprese e ai giovani della Campania ad entrare nelle reti lunghe del trasferimento tecnologico per costruire ponti reali e virtuali di collaborazione e innovazione.
Al lettore poco sensibile alle questioni dello sviluppo è probabile che i casi presentati nel libro di Iorio possano apparire dissonanti o lontani rispetto alle esperienze più avanzate che si registrano nel Nord Europa o nel Nord America. Eppure il valore aggiunto di questo volume risiede proprio nella contestualizzazione del tema “impresa sociale” nel Mezzogiorno virtuoso – il Sud che resiste – recita il sottotitolo – contro il degrado, il sottosviluppo e la criminalità organizzata. È, quindi, nella dimensione “contesto” l’originalità e la rilevanza politica e culturale di questo lavoro a più voci.
Il contesto non si profila come una dimensione geografica e non viene circoscritto ad un’organizzazione o ad un sistema di organizzazioni che presentano differenziazioni qualitative ed orizzontali. Il contesto che emerge dall’analisi dei vari contributi al volume prende corpo nelle strutture e nelle culture che condizionano gli individui, le organizzazioni e le istituzioni che operano in un dato luogo. È l’insieme di regole, norme e valori che tale luogo permeano e che mutano nel tempo3 e che, nel volume di Iorio, si dipanano su almeno tre piani diversi.


(I) Il contesto sociale dà origine ad importanti variazioni comportamentali che aiutano a comprendere come e in che misura si possono superare il degrado, il sottosviluppo e l’illegalità. Il contributo di Lorenzo Frigerio, ad esempio, mette in rilievo come in un territorio a forte presenza di criminalità organizzata, la gestione dei beni confiscati alla camorra è una sfida formidabile contro condotte criminali radicate e tacitamente accettate dalla comunità locale. La diffusionedell’innovazione, secondo Alexander Orlando, prima di essere un’opportunità di lavoro qualificato per i talenti campani, è una predisposizione alla sperimentazione e alla condivisione -- un’occasione di emancipazione e di protagonismo per tanti giovani altamente istruiti ma imprigionati in un sistema che scoraggia l’iniziativa personale e il riconoscimento del merito.

(II) I valori e le preferenze possono variare significativamente. Come nota Luigia Melillo, “la legalità è un complesso universo valoriale soggetto a continue revisioni e modifiche...al di fuori dei contesti nei quali va a declinarsi, la legalità resta mera parola…”. In tal senso, occorre costruire e garantire – à la Sen – spazi di libertà individuali e collettive sempre più ampi e non solo il raggiungimento del benessere materiale. Il contributo dell’imprenditore Antonio Ascione sulla responsabilità sociale dell’impresa è illuminante. Secondo Ascione, la garanzia della salute e della sicurezza negli ambienti di lavoro o l’ottimizzazione del ciclo dei rifiuti generano un vantaggio competitivo per l’impresa sociale legato al riconoscimento dell’importanza etica, motivazionale e ambientale del rispetto delle regole. Si tratta di un sistema di valori – sostiene Ascione – ben più rilevante dei vantaggi materiali considerati ancora troppo esigui in una logica di irregolarità ed illegalità diffuse.

(III) Le istituzioni possono variare nel tempo e nello spazio. Non tutte le imprese sociali operano in maniera efficiente e responsabile. Né è plausibile crearne ex abrupto presumendo che esse operino in maniera efficiente e responsabile. Occorre piuttosto comprendere in che modo le “buone” imprese sociali esistenti nel territorio campano operano concretamente e mettere in atto interventi capillari di aggiustamento incrementale per costruire e sfruttare le complementarità virtuose4 tra terzo settore e pubblica amministrazione. Luigi Rao si concentra, a tal proposito, sul
ruolo delle Camere di Commercio per coinvolgere le associazioni di cateria e dei lavoratori e per sanare o contenere la piaga dell’usura nella Provincia di Caserta. È condivisibile, quindi, la considerazione di Alfonsina De Felice quando afferma che la sfida che attori istituzionali e sociali sono invitati a raccogliere consiste non già nel sovrintendere ad una mera redistribuzione del reddito e delle risorse, ma nel risolvere i problemi connessi alle disparità economiche, sociali e territoriali attraverso un lavoro di continuo raccordo e di collaborazione.
Questi tre piani della dimensione contesto interagiscono reciprocamente nel volume curato da Iorio. Il quadro che ne emerge è composito: esplicita i nessi che tengono logicamente insieme l’impresa sociale con il disegno delle politiche sociali, con il sostegno al credito, con i processi di innovazione organizzativa e tecnologica, con la gestione dei beni confiscati alla camorra e con la partecipazione responsabile dei giovani, dell’associazionismo e del volontariato. La catena di causazione che implicitamente sottende l’architettura del volume lega l’azione dell’impresa sociale alla responsabilità pubblica, all’innovazione, alla lotta alla criminalità e allo sviluppo e alla crescita dei territori. Il volume delinea un percorso dal micro al macro in cui l’impresa sociale opera come agente di cambiamento recidendo i vasi sanguigni che alimentano i comportamenti opportunistici, criminali e criminogeni diffusi nei nostri contesti.
L’anello debole del ragionamento è legato alla mancata ricostruzione del percorso inverso di causazione – dal macro al micro. In altri termini, è vero che le virtuose imprese sociali possono assecondare processi di sviluppo e un clima di legalità compatibile con la crescita civile e sociale dei territori. Ma è altrettanto vero che regole, politiche e investimenti che modificano i contesti possono retroagire a livello micro suscitando nuovi processi virtuosi. Come si possono allora rafforzare e propagare questi processi micro in modo da creare una massa critica di investimenti (infrastrutturali, finanziari, tecnologici, umani, organizzativi, relazionali e sociali) capaci di scardinare le barriere della trappola della povertà5 che vincolano il contesto regionale campano?

Come si possono generare rendimenti di scala crescenti e esternalità positive per capitalizzare i promettenti esiti finora conseguiti al fine di creare le condizioni di contesto macro che possono a loro volta facilitare l’emergere di esperienze virtuose nel micro? Occorre sviluppare una visione politico-strategica di medio-lungo termine che coinvolga coralmente agenti economici, sociali e istituzionali in una riflessione comune. Le politiche pubbliche a favore delle imprese sociali non sono solo regole formali, o programmi di spesa specificamente mirati nel campo del welfare. Le politiche pubbliche a favore delle imprese sociali devono far leva su un approccio integrato6, multi settoriale e multi-governance capace di generare effetti micro e macro per modificare i tratti e le dinamiche evolutive dei contesti. Le iniziative a favore dell’innovazione diffusa, di sostegno al credito, o i programmi di confisca dei beni alle mafie possono favorire investimenti in sviluppo umano capaci di superare i vincoli e gli squilibri strutturali delle aree in ritardo di sviluppo. Tali politiche dovrebbero agire da catalizzatori per rafforzare i vantaggi di contesto di “primo livello” – come il capitale umano, l’infrastruttura fisica e tecnologica, le agglomerazioni spaziali e settoriali, le politiche e le istituzioni efficienti – e i vantaggi di “secondo livello” – come le capacità tecnologiche, la diffusione delle conoscenze tecniche e scientifiche, le reti di solidarietà sociale – responsabili della crescita e dello sviluppo nel tempo7.

Mita Mirra, Ricercatrice, CNR - Dipartimento di Scienze Economiche e Statistiche dell'Università di Salerno



1 In uno studio che ho condotto con Maria Rosaria Garofalo (Università di Salerno), ho evidenziato che tra il 2001 e il 2005, i dati Istat per la regione Campania segnalano un costante incremento dell’occupazione femminile regolare nelle cooperative sociali e nelle associazioni non profit con finalità sociale. Relazione presentata alla conferenza annuale dell’International Association for Feminist Economics (IAFFE), Boston, giugno 2009.
2 A tal proposito, si veda Borzaga, C., Zandonai, F. (2009), (a cura di) L’impresa sociale in Italia. Economia e istituzioni dei beni comuni. Donzelli editore, Roma.
3 Pawson, R., Tilly, N. (1997) Realist Evaluation, SAGE Publications, London.
4 Aoki, M. (2007), “Endogenizing Institutions and Institutional Changes”, Journal of Institutional Economics, 3(1): 1-31.
5 Azariadis, A., D. Drazen, D. (1990) “ Threshold Externalities and Development Economics”, Quarterly Journal of Economics 105: 501-526.
6 Marra, M. (2009) “Lavoro flessibile, inclusione sociale e legalità per una strategia integrata di emersione”, Economia e Lavoro, n. 1: 91-112.
7 Burgess, R., Venables, A. J. (2004) “Towards a Microeconomics of Growth”, World Bank Policy Research, Working Paper 3257, Washington DC.

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