Maccaronari

Angelo Abenante, Maccaronari
prefazione di Antonio Alosco, postfazione di Giuseppe Zollo

Pagine 128, Prezzo  € 12,00, Napoli 2002, i libri di Novus Campus, esaurito

 

MaccaronariMaccaronari di Angelo Abbenante è un atto di amore verso la sua città, Torre Annunziata, e la sua gente.

Abenante ne ricostruisce la storia attraverso le vicende dell’arte bianca, quella molitoria e della pasta.
La pasta di Napoli, famosa ancora oggi in tutto il mondo, venne inventata e prodotta nella zona di Torre Annunziata e Gragnano, ed è qui che ha avuto uno sviluppo prima a carattere artigianale e poi industriale, assorbendo manodopera che già a fine Ottocento superava le milleseicento unità e che negli anni di maggiore crescita, agli inizi del Novecento, raggiunse la ragguardevole cifra di oltre tremila lavoratori direttamente impegnati nella produzione.
Ad essi bisognava aggiungere le attività indotte, soprattutto portuali e marinare, che facevano ascendere il numero complessivo di quanti vivevano del lavoro della pasta (compresi i familiari) ad oltre diecimila persone.
L’arte bianca forniva possibilità di vita quasi all’intera popolazione torrese.
Le lotte per il lavoro sono l’aspetto che attraggono maggiormente l’interesse di Abenante.
La storia di Torre operaia è di grande interesse e per molti aspetti entusiasmante.
La prima Camera del Lavoro d’Italia è stata costituita all’inizio del 1891 a Gragnano (con giurisdizione anche sulla vicina Torre) proprio da lavoratori gragnanesi e torresi dell’arte bianca, precedendo di alcuni mesi quelle di Piacenza e Milano, unanimamente considerate primogenite.
La Camera del Lavoro di Torre Annunziata, fondata ad inizio del nuovo secolo, divenne la più organizzata e combattiva della provincia di Napoli e trovò in Gino Alfani, un dirigente attivo e capace che la diresse per molti anni, proiettandola all’avanguardia dell’intero movimento operaio italiano. Dopo la parentesi fascista, essa divenne, per merito dei dirigenti locali e di Enrico Russo, segretario generale provvisorio della risorta Confederazione Generale del Lavoro, la più importante del “Regno del Sud”.
Abenante ricorda le fasi di maggiore crisi del settore, dopo aver giustamente esaltati i momenti più significativi: lo sciopero generale del 1901, uno dei primi d’Italia, e quello del 1904 di ben settantatre giorni. Mette altresì in evidenza anche il ruolo avuto dalle donne, sia operaie che mogli di operai, ma anche di quelle imprenditrici, spesso vedove con piglio da carabiniere, che però riuscirono a portare avanti, se non a potenziare, l’attività.
Le crisi si verificarono soprattutto in relazione ad eventi bellici, quali la prima e la seconda guerra mondiale, che interruppero il flusso delle esportazioni verso gli Stati Uniti, i maggiori acquirenti mondiali della pasta, per l’interruzione della fornitura di grano dal Mar Nero a causa della rivoluzione bolscevica ed anche in relazione alle scelte sbagliate di economia autarchica del regime fascista.
Il colpo di grazia l’arte bianca lo ricevette però dall’invenzione di una macchina che produceva pasta completamente automatizzata per l’intero processo produttivo, annullando i fattori ambientali e la stessa professionalità dei lavoratori.
Gli imprenditori non furono in grado di adeguarsi e riversarono su questi le difficoltà con sottosalario ed i sistemi ormai classici di inadempienze contrattuali.
Da ciò scaturì una conflittualità permanente ed una crisi progressiva ed irreversibile da cui la cittadina vesuviana non si è più ripresa, nonostante l’azione politica e parlamentare svolta dallo stesso Abenante, divenuto poi, deputato e senatore del collegio.

Il libro di Angelo Abenante ci aiuta a capire le condizioni che avevano dapprima consentito e quindi bloccato il gioco sociale di “fare i maccheroni” a Torre Annunziata, ma fa anche qualcosa in più: nelle ultime pagine, quando ci racconta la storia dei tre disegni di leggi mai arrivati a conclusione, ci fa capire che siamo noi a costruire i nostri dei.